Pillole di Nexus, Episodio 3: Una Notte a Bangkok
Nexus, il nuovo arrivato nella nostra collana #Multipop, uscirà domani in tutte le migliori librerie!
Eccovi una terza Anteprima, che vede i protagonisti Samantha e Kade impegnati a curiosare tra le bancarelle di un mercato molto particolare, nella Bangkok del 2040!
Buona lettura!
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Sam teneva d’occhio Narong mentre li conduceva in un percorso a zig-zag tra i vicoli stretti. Due uomini dall’aria dura e massiccia sostavano a un incrocio, appoggiati alle pareti di mattoni, incuranti della pioggia, con muscoli di una grandezza improbabile che si gonfiavano sulle braccia e il petto.
Narong gli rivolse un piccolo cenno e continuò a camminare. Un’altra svolta alle spalle dei due gorilla, e si aprì una
via più ampia. Stand e negozi fiancheggiavano entrambi i lati, neon e LED illuminavano l’aria, nugoli di persone si
muovevano lungo la corsia, a centinaia. Si fermavano agli stand, parlavano sottovoce, ispezionavano la merce e le tabelle con i prezzi, mercanteggiavano a bassa voce. Ogni cosa aveva un’aria furtiva. I colletti erano sollevati, i cappucci calati sul volto.
Altri due uomini tanto muscolosi da essere disumani ciondolavano a un incrocio, lo sguardo torvo.
Trapianti di muscoli, pensò Sam. Inefficienti, pesanti, ma intimidatori. Probabilmente moriranno per l’ingrossamento del cuore nello sforzo di sostenere tutta quella massa.
Narong li condusse lungo la strada. Sam lasciò che Kade e lo studente thailandese condividessero l’ombrello. Lei
camminava un paio di passi dietro di loro. La pioggia le dava una bella sensazione sul viso. Le sue lenti a contatto tattiche scattavano foto a ogni volto, registravano ogni andatura, caricavano tutto il materiale possibile perché venisse analizzato e identificato.
Gli occhi di Kade erano ovunque. L’ampio viale brulicava di persone, con i wok che si scaldavano su fornelli all’aperto, con immagini e odori, e i commercianti che offrivano le loro merci.
I primi stand offrivano servizi riproduttivi. Selezione del genere. Fusione ovarica per avere un figlio da due madri, senza che servisse un padre. Tri-fusione per creare un bambino con geni di due padri e una madre surrogata. Ritocchi genetici per i figli. Altezza, colore degli occhi, colore dei capelli, massa muscolare, peso, condizioni di salute, QI, carisma. “Altri servizi su richiesta”.
La riprogenetica lasciò il passo alla bio-cosmetica. Uomini e donne seminudi facevano da modelli per le merci. Una ragazza minuta con la pelle ramata e un bikini succinto posava davanti a un negozio che pubblicizzava virus di trasformazione della pelle.
Era in vendita anche una terapia della melanina meno invasiva per rendere più chiara la pelle degli asiatici, più abbronzata quella dei caucasici, o qualunque cosa desiderasse il cliente.
La donna seminuda allo stand successivo metteva in mostra dei tatuaggi viventi. Un drago bioluminescente strisciava sotto il suo ombelico e si arrampicava su per il petto, con un artiglio aggrappato al seno. Il tatuaggio le serpeggiò intorno al collo e tornò sul lato destro. I suoi occhi luccicavano d’ambra.
La donna tese i muscoli e l’animale si mosse: la coda che frusciava, le scaglie che cambiavano colore, fiamme brillanti che eruttavano dalla coda e dalle narici.
Soppressori di adipe. Integratori di adipe. Zigomi nordici. Mascelle squadrate. Occhi a mandorla. Occhi dorati. Occhi felini. Virus per arricciare i capelli e per renderli lisci. Lingue biforcute. Lingue prensili. Terapia per l’altezza. I manifesti e le modelle promettevano tutto, senza chirurgia. Comunque si decidesse di alterare il proprio aspetto, da un livello moderato a uno estremo, gli hacker di geni del Mercato Sukchai potevano riprogrammare le cellule per farlo accadere, bastava avere denaro sufficiente.
“Tutta questa roba funziona davvero?”, sussurrò Kade.
Narong scrollò le spalle. “Magari c’è qualche truffa. Ma perlopiù sì, funziona. Vuoi sapere se è una pratica sicura?
Quella è un’altra storia”.
“Cosa intendi?”, domandò Kade.
“L’hacking dei geni. A volte mancano il gene che volevano colpire, sai? E ottengono qualcos’altro. Un cancro, magari. O peggio. Si sentono certe storie”.
“Ma non la testano questa roba? Valutazioni di sicurezza, quel genere di cosa?”
“Non c’è mica l’FDA1 in questa strada, amico. Se vuoi provare qualcosa, chiedi un po’ in giro del negozio, ti assicuri
che non ci siano storie dell’orrore e che abbiano una buona reputazione, pulita”.
Dalla bio-cosmetica passarono alla bio-erotica. Gli stand offrivano iniezioni di geni virali per produrre seni maggiorati o rassodati “naturalmente”, peni ingranditi, orgasmi amplificati, energia e capacità di recupero da pornostar.
Uno striscione reclamava dei sovralimentatori per l’eccitazione femminile con una scelta di metodi di somministrazione: virus trasformativi per cambiamenti permanenti, liquidi insapori e incolori per un effetto a breve termine. Lo stand era affollatoda una clientela interamente maschile. Mazzette di banconote cambiavano mani in cambio di siringhe e fialette. Kade era allibito ed eccitato allo stesso tempo.
“Insapori e inodori…?”, si chiese.
“… Così puoi correggere il drink di qualcuno senza che se ne accorga”, gli rispose Sam.
Il disgusto travolse qualsiasi eccitazione Kade avesse potuto avvertire.
Arrivarono alla sezione bio-neurale. Stimolanti dell’attenzione, hack per la riduzione del sonno. Per diventare estroversi, per ricordarsi i sogni oppure sopprimerli. Iniettori o inibitori d’amore. Terapie virali per creare un legame in una coppia. Dosi di monogamia. Modificatori dell’orientamento sessuale di tipo permanente o temporaneo. Droghe “savant”, capaci di mettere l’utente in uno stato di trance iperproduttiva o ipercreativa. Un cartello a LED offriva iniezioni virali per incrementare il talento musicale. Un altro tipo rimuoveva il senso di colpa. Un altro ancora intensificava la fede religiosa e le esperienze spirituali. C’erano clienti che curiosavano e discutevano a ognuno degli stand.
Sam si irrigidì. Quella era la roba peggiore. Si poteva usare come arma, per controllare, degradare e schiavizzare.
Catturò ogni volto che vide, cercò qualsiasi traccia del virus Communion, di DWITY. Niente in vista. Ma chissà cosa ci si sarebbe potuti procurare chiedendo alla persona giusta?
Pensò a Chris Evans, fisicamente e mentalmente menomato durante una retata in un giro di DWITY. Era una cosa che la mandava fuori di testa.
Kade avvertì il cambiamento del suo umore. Le inviò un senso di curiosità, una domanda non pronunciata.
Sam lo ignorò.
Quindi fu la volta della medicina estrema. Un alto cilindro di vetro conteneva organi umani immersi in un fluido chiaro e schiumoso. Cuori, fegati e reni disponibili per il trapianto.
Organi clonati dalle tue stesse cellule forzati a crescere nel giro di pochi giorni. Un altro stand offriva una terapia virale che avrebbe dovuto rigenerare dita o arti recisi.
“Perché questa roba è qui?”, domandò Kade. “Non dovrebbe essere in un normale ospedale?”
“Probabilmente si tratta di geni non umani”, disse Narong.
“Gli organi che crescono super-velocemente vengono prodotti ben al di fuori dei parametri umani. E gli hack di rigenerazione usano geni di un qualche tipo di lucertola: tritoni, gechi o roba simile. Non è legale inserirli in un umano”.
Sam si chiese se una di quelle cose avrebbe potuto essere d’aiuto a Chris Evans. Avrebbe potuto rimetterlo in sesto
prima? Mettere fine più rapidamente al suo isolamento?
Si voltò per lanciare un’altra occhiata alla sezione bioneurale.
Robaccia orrenda.
Chris ha rischiato la vita per combattere quella merda.
Era possibile separare le due cose, da una parte il controllo mentale e dall’altra gli organi clonati e la rigenerazione?
Accogliere un concetto e non l’altro?
Allontanò l’idea dalla sua mente. Aveva un lavoro da fare.
C’erano leggi che aveva giurato di difendere.
Le modificazioni proposte divennero progressivamente più estreme mentre si avvicinavano alla fine del mercato.
Innesti di muscoli come quelli sfoggiati dai bestioni all’ingresso. Riassegnazione genetica del genere. Emoglobina
sovralimentata con dieci volte la capacità di contenere ossigeno. E altro ancora.
“Bisogna stare attenti con molta di questa roba”, commentò Narong. “Cambia una sola cosa nel corpo, e si riverbera su decine di altri elementi. Per non parlare del cervello. Che genere di effetti collaterali vedremo tra dieci o vent’anni? Chi diavolo lo sa?”
“A quanto pare ci hai riflettuto parecchio, Narong”, osservò Sam.
Il ragazzo rimase in silenzio per un po’. “Difficile non farlo. Sarebbe molto meglio se tutta questa roba fosse legale. Ora è tutto sottobanco e non ci sono limitazioni imposte dalla legge. Non ci sono studi sulla sicurezza. La gente viene qui a fare shopping, ma come fai a sapere che ti stanno davvero dando ciò che pubblicizzano? E se anche fosse così, nessuno conosce gli effetti a lungo termine. Restare nella zona grigia tiene tutto in un limbo, lo consegna all’improvvisazione. Dobbiamo fare uscire questa roba alla luce del sole, regolarla, testarne la sicurezza e la qualità”.
Sam poteva sentire che Kade era d’accordo con Narong.
Ma lei la pensava diversamente.
Sbatterli tutti dentro e buttare via la chiave. Segnare un confine, renderlo reale. Non lasciare che quella roba spazzasse via la loro umanità.
Tenne per sé la propria opinione.
Sam abbassò lo sguardo sulla propria mano, che possedeva una forza superiore, ed era stata trasformata dalla scienza in un’arma sovrumana per tenere meglio in riga le tecnologie sovrumane.
E io? Come devo considerare il DNA non-umano nelle mie cellule? E il Nexus nel mio cervello?
Le tornò in mente una frase di Nietzsche. Nakamura amava citarla nei suoi momenti più cinici.
Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te.
Eccola lì, a scrutare ancora una volta dentro l’abisso. A combattere contro i mostri. Divenuta a sua volta, almeno in
parte, un mostro.
Scosse la testa per scacciare la tristezza. Era un soldato.
Era scesa a compromessi per proteggere gli altri. Quella roba andava tenuta sotto controllo.
Basterebbe un raid per ripulire questo posto, rifletté.
Avrebbero potuto arrestare centinaia di venditori e acquirenti in una sola retata.
Ma un nuovo mercato sarebbe spuntato fuori il giorno dopo da qualche altra parte. C’era davvero una soluzione?
Arrivarono alla fine del mercato. Altri due gorilla erano appoggiati al muro con l’aria di chi si trova lì per caso, i
muscoli enormi e grotteschi che emanavano l’unico messaggio necessario: Non rompeteci le palle. Lanciarono un’occhiata a Narong, e poi a Kade e Sam mentre passavano, ma non fecero una mossa per fermarli.
“Questa era Sukchai”, disse Narong. “La festa è a pochi isolati da qui. Andiamo”.