The Invasion of the Tearling: Anteprima #2
La Regina Kelsea sta per tornare! Venite a cercarla al Salone del Libro di Torino, e nel frattempo gustatevi questo secondo estratto da The Invasion of the Tearling! (Qui potete invece leggere il primo!)
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Uscì dall’osservatorio scendendo la scaletta; Blaser lo seguì da vicino. Giunti a circa tre metri dal suolo, saltarono giù iniziando poi immediatamente a risalire la collina. Nelle dodici ore appena trascorse, Hall aveva distribuito oltre settecento uomini, tra fanti e arcieri, sulle pendici orientali. Dopo diverse settimane di duro lavoro, però, i soldati avevano faticato a rimanere immobili in attesa, in particolare dopo il tramonto. Ogni minimo segno d’insolita attività sulle colline avrebbe allertato i Mort, che si sarebbero messi subito in guardia, quindi Hall aveva passato gran parte della notte visitando le varie postazioni per assicurarsi che gli uomini non cedessero al nervosismo.
La salita si fece più ripida, e presto Hall e Blaser furono costretti ad aiutarsi con le mani, scivolando sugli aghi di pino.
Entrambi indossavano spessi guanti di cuoio e avanzavano con cautela, consapevoli delle insidie del terreno. Le rocce erano piene di piccole gallerie e minuscole caverne, spesso abitate da crotali.
Le serpi della zona di confine erano bestie resistenti, risultato di millenni di evoluzione e che avevano lottato per la sopravvivenza in situazioni estreme. Le pelli spesse e coriacee li rendevano quasi immuni al fuoco, e le zanne trasmettevano alla vittima dei loro morsi una precisa dose di veleno. Un errore nell’appoggiare una mano avrebbe potuto costare la vita. A dieci anni, Simon aveva catturato un serpente in una trappola, cercando di addomesticarlo ma dopo una settimana aveva dovuto lasciar perdere. Per quanto Simon lo nutrisse, il crotalo non si era lasciato addomesticare e aveva continuato ad attaccare qualunque cosa si muovesse.
Alla fine, Hall e Simon l’avevano liberato, aprendo la gabbia sulla pendice orientale e poi scappando a gambe levate, in salita.
Nessuno sapeva quanto a lungo vivessero i serpenti: forse quello di Simon era ancora lì, poco sotto la superficie, intento a strisciare tra i suoi simili.
Simon.
Hall chiuse gli occhi, riaprendoli pochi istanti dopo. Si era giustamente abituato a non spingere la propria immaginazione troppo oltre il confine, ma nelle settimane appena trascorse, vedendo il Mortmesne occidentale aprirsi di fronte ai suoi occhi, si era ritrovato a pensare al fratello più spesso del solito,chiedendosi dove fosse, chi fosse il suo padrone, cosa fosse costretto a fare. Probabilmente era stato messo al lavoro: prima della spedizione, era considerato uno dei tosatori più abili dell’intero versante occidentale delle colline. Sarebbe stato uno spreco impiegare un uomo come lui per qualche attività che non fosse il lavoro manuale pesante. Hall continuava a ripeterselo, ma le alternative, sia pure improbabili, rimanevano, e la sua mente continuava a tornare sulla possibilità, sia pure remota, che Simon, una volta venduto, fosse stato destinato a qualche altro scopo.
“Maledizione”.
L’imprecazione di Blaser, pur sottovoce, fece tornare in sé Hall, che lanciò un’occhiata alle proprie spalle per assicurarsi che il suo luogotenente non fosse stato morso. Ma Blaser era semplicemente scivolato, e aveva già recuperato l’equilibrio.
Hall proseguì nella scalata, scuotendo il capo per liberarlo da pensieri spiacevoli. La spedizione era una ferita che il tempo non aveva mai guarito.
Giunto in cima alla collina, avanzò nella radura nella quale lo attendevano gli uomini. Fu accolto da sguardi ansiosi. Nel mese appena trascorso avevano lavorato in fretta, senza i lamenti che solitamente accompagnavano un progetto di costruzione militare.
Avevano finito con tanto anticipo da permettere a Hall di mettere alla prova l’intera operazione più di una volta, prima ancora che l’esercito Mort giungesse sulle rive del lago. Era presente anche Jasper, il falconiere, con i suoi dodici falchi incappucciati, legati a un lungo trespolo sulla sommità del colle. Erano stati un investimento piuttosto consistente ma, quando alla regina era stato spiegato come sarebbero stati utilizzati, lei aveva ascoltato con attenzione, approvandone l’acquisto senza battere ciglio.
Hall si avvicinò a una delle catapulte, accarezzandone il braccio. Toccando il legno liscio provò un momento di orgoglio: Hall amava i congegni meccanici, si sforzava sempre di trovare modi per fare qualunque cosa meglio e più in fretta. All’inizio della sua carriera militare, aveva inventato un arco lungo più robusto ma allo stesso tempo più flessibile che era presto diventato il prediletto degli arcieri Tear. Una volta, distaccato presso un progetto d’ingegneria civile, aveva sperimentato un sistema d’irrigazione basato su una serie di pompe che portavano acqua dal Caddell a una zona arida nel sud della piana di Almont.
Ma quelle erano il suo capolavoro: cinque catapulte, ognuna lunga sessanta passi, con bracci solidi di quercia Tear e cucchiare più leggere, di legno di pino. Ognuna di esse era capace di scagliare proiettili dal peso di almeno duecento libbre, con una gittata di quasi quattrocento iarde controvento. I bracci erano fissati alle basi tramite corde, e ai lati di ognuno di essi stavano due soldati armati di ascia.
Nella cucchiara della catapulta, Hall osservò quindici grossi sacchi di canapa, ognuno di essi avvolto in un sottile strato di stoffa azzurro cielo. Inizialmente Hall aveva pensato di lanciare semplici massi, come le catapulte d’assedio del passato, danneggiando larghe parti dell’accampamento Mort. Ma poi Blaser aveva avuto un’idea migliore, nonostante per metterla in atto fossero state necessarie diverse settimane di lavoro massacrante. Il sacco più in alto era accarezzato dal vento, e il tessuto s’increspava. Hall fece qualche passo indietro, alzando il pugno chiuso nel silenzio della mattina. Gli uomini armati di ascia sollevarono le armi sopra le spalle.
Blaser iniziò a cantare a bocca chiusa. Lo faceva sempre, nei momenti di tensione. A volte poteva risultare piuttosto fastidioso.
Hall, nonostante le stonature, capì che si trattava di The Queen of the Tearling. Quella canzone aveva preso piede tra gli uomini: l’aveva sentita canticchiare spesso mentre levigavano tronchi o affilavano spade.
Il mio dono per voi, regina Kelsea, pensò abbassando la mano.
Le asce sibilarono nell’aria, e il silenzio della mattina fu frantumato dagli enormi cigolii e schiocchi dei bracci delle
catapulte, finalmente liberi. Si alzarono uno per uno, acquistando velocità mentre si tendevano verso il cielo, e Hall provò una gioia così profonda, la stessa di quando era bambino e aveva costruito la sua prima trappola per conigli.
Il mio progetto funziona!
I bracci delle catapulte giunsero al termine della corsa, bloccandosi con boati che echeggiarono tra le colline. Quel rumore avrebbe certo destato i Mort ma era troppo tardi.
Hall estrasse il cannocchiale seguendo il progresso dei sacchi in volo verso l’accampamento nemico. Raggiunsero lo zenit e iniziarono a scendere, tutti e settantacinque; i paracaduti azzurri si spiegarono nel vento, i sacchi che vi pendevano ondeggiavano nella brezza, all’apparenza innocui.
I Mort iniziarono a muoversi: Hall osservò soldati sbucare dalle tende, armati, e sentinelle rientrare nell’accampamento in preparazione di un attacco.
“Jasper”, disse. “Due minuti”.Questi annuì, iniziando a togliere i cappucci ai falchi e dando a ognuno un pezzettino di carne. Il maggiore Caffrey, che aveva un dono incredibile per capire quando ci si poteva fidare di un mercenario, lo aveva trovato tre settimane prima in un villaggio vicino al confine. A Hall i falchi Mort non piacevano, come non gli piacevano da bambino quando li vedeva planare sopra le colline in cerca di prede facili, ma non poteva non ammirare l’abilità di Jasper nel gestirli. I falchi osservarono il falconiere con attenzione, chinando il capo come cani in attesa che il padrone lanci un bastone.
Dall’accampamento Mort si alzò un grido di allarme: avevano notato i paracadute, che stavano accelerando la caduta a causa della minor resistenza del vento. Hall continuava a osservare attraverso il cannocchiale. Non appena il primo dei sacchi sparì alla vista dietro una tenda, iniziò a contare sottovoce.
Dopo dodici secondi, le prime grida iniziarono a echeggiare.
Altri paracadute discesero sull’accampamento. Uno atterrò sul carro degli armamenti, e Hall osservò, affascinato, nonostante tutto, le corde aprirsi. Il sacco sembrò tremolare per qualche istante, poi ne sbucarono cinque crotali infuriati, finalmente liberi.
Le loro pelli chiazzate si mossero tra picche e frecce per poi scomparire alla vista.
Si sollevarono altre urla; in meno di un minuto, l’accampamento cadde nel caos più totale. I soldati si urtavano a vicenda, mentre altri, vestiti solo a metà, colpivano il terreno tra i propri piedi con le spade. Alcuni cercavano di guadagnare posizioni più elevate, arrampicandosi su carri, su tende o addirittura sulle schiene dei commilitoni. La maggior parte di loro fuggì verso l’esterno dell’accampamento, in un tentativo di allontanarsi dal pericolo.
Gli ufficiali sbraitavano inutilmente, dando ordini che nessuno ascoltava. Il panico si stava diffondendo, e i soldati cominciarono a uscire dall’accampamento in tutte le direzioni: a ovest verso le colline o a est e a sud attraverso la pianura. Alcuni addirittura corsero verso nord, finendo nel lago. Nessuno indossava armature o portava armi, e molti erano completamente nudi; diversi avevano le guance coperte di schiuma da barba.
“Jasper”, gridò Hall. “Ora!”
Uno per uno, Jasper fece salire i falchi sullo spesso guanto di cuoio che gli copriva il braccio dalla spalla alle dita, lanciandoli poi in volo. Gli uomini di Hall osservarono nervosi i volatili alzarsi nel cielo del mattino ma si trattava di uccelli ottimamente addestrati: ignorarono del tutto i soldati Tear, lanciandosi invece in picchiata verso i Mort ai piedi delle colline. Si gettarono a capofitto sugli uomini che si riversavano fuori dall’accampamento a sud e a est, aprendo gli artigli. Hall osservò il più veloce di essi attaccare al collo un uomo in fuga, che non indossava che
un paio di pantaloni sbottonati. Il falco gli lacerò la giugulare, sollevando un sottile spruzzo di sangue nella luce del mattino.
Sul lato occidentale dell’accampamento, ondate di soldati si precipitavano verso gli alberi che ricoprivano le colline.
Ma tra di essi erano appostati cinquanta arcieri e i Mort cadderoin massa nel fango della palude, crivellati di frecce. Altre grida provenivano dal lago: coloro che avevano cercato riparo in acqua avevano scoperto di aver commesso un errore, e tornavano verso la riva urlando di dolore. Hall sorrise con una certa nostalgia: avventurarsi nel lago era un rituale per i bambini di Idyllwild che desideravano dimostrare di essere ormai uomini, e le sue gambe ne portavano ancora le cicatrici.
Ormai il grosso dell’esercito Mort aveva lasciato l’accampamento. Hall lanciò un’occhiata di rimpianto verso i cannoni, completamente abbandonati; ma non sarebbe stato possibile raggiungerli: tutto intorno, i crotali serpeggiavano tra le tende in cerca di un luogo nel quale nidificare. Si domandò dove fosse il generale Genot, se fosse fuggito con i suoi uomini o se il suo cadavere si trovasse tra quelli ammassati a centinaia ai piedi della collina. Nutriva per lui un certo rispetto, pur consapevole dei suoi limiti. In gran parte, si trattava degli stessi di cui soffriva Bermond. Genot voleva una guerra tranquilla, razionale; non aveva tempo per atti di coraggio o dimostrazioni d’incompetenza. Hall era però consapevole che nessun esercito avrebbe mai potuto essere privo degli uni e degli altri.
“Jasper”, gridò. “I suoi falchi hanno fatto un ottimo lavoro; li faccia tornare”.
Il falconiere fischiò, poi strinse le corde che gli fissavano il guanto di cuoio al braccio. Dopo solo pochi secondi i falchi tornarono verso la collina, iniziando a volare in circolo sopra la vetta. Jasper lanciò altri fischi, di tonalità diverse; uno per uno, gli uccelli scesero appollaiandosi sul suo braccio, dove vennero premiati con numerosi bocconi di carne di coniglio prima di essere incappucciati e fatti spostare sul trespolo.
“Richiami gli arcieri”, disse Hall rivolto a Blaser. “E chieda a Emmett di mandare staffette al generale e alla regina”.
“Con quale messaggio, signore?”
“Dica loro che saranno necessarie almeno due settimane prima che i Mort si riorganizzino”.Blaser se ne andò, e Hall tornò a osservare la superficie del lago Karczmar, rosso fuoco alla luce del sole nascente. Quella visione, che da bambino gli riempiva il cuore, quel giorno gli sembrò un terribile presagio. Certo, i Mort erano dispersi, ma non lo
sarebbero stati a lungo e, se gli uomini di Hall avessero perduto il controllo delle colline, nulla avrebbe impedito al nemico di sbaragliare le linee difensive, organizzate con tanta cura da Bermond. Alle spalle dei colli si estendeva la piana di Almont: centinaia di miglia quadrate di pianura con scarse possibilità di manovra, costellate di fattorie e di villaggi isolati e indifesi.
L’esercito dei Mort era il quadruplo di quello Tear, e armato molto meglio. Se avessero raggiunto la piana, il massacro sarebbe stato inevitabile.