In Outpost, l’autore di Metro 2033 torna a visitare per l’ultima volta il suo originale mondo post-apocalittico con una storia acuta e illuminante di colpa e redenzione, di responsabilità e incoscienza, e di come i nostri debiti e crimini finiscano sulle spalle dei nostri figli: una narrazione importante, in un periodo in cui l’incitamento all’odio pare essere diventato di nuovo un gioco, e il mondo sembra aver dimenticato il passato.

Dopo una breve ma devastante guerra civile, è rimasta in piedi solo una piccola parte di quella che era una volta la Russia, e che ora si fa chiamare Impero di Moscovia. I suoi confini orientali distano solo poche centinaia di chilometri dalla capitale e corrono lungo il Volga, le cui acque tossiche l’hanno trasformato in una barriera invalicabile. È proprio a causa del fiume che nessuno si avvicina all’Impero dal giorno della Caduta.
La millenaria Mosca resiste, irremovibile, protetta fedelmente da ogni lato da svariati posti di guardia. Nella capitale, l’imperatore in persona sceglie i membri delle truppe di cosacchi. Soltanto i più forti, l’élite dell’élite, verranno scelti e mandati nelle terre oscure che un tempo appartenevano alla grande Russia, prima che venissero maledette e conquistate dai ribelli.