Alla presentazione di #RomaCittaMorta era pieno di non morti
Anche questa è fatta!
Siamo stati in missione nella Capitale per inaugurare il ciclo di presentazioni e per SPARLARE e far sparlare un po’ i romani. Come ormai saprete (perché ve lo abbiamo detto in tutte le salse) l’appuntamento era alla Feltrinelli in Galleria Sordi, ieri alle 18. Con gli autori Luca Marengo e Giacomo (Keison) Bevilacqua c’erano Francesco Pannofino e Claudio di Biagio, regista, noto youtuber (NONAPRITEQUESTOTUBO) e tra i protagonisti (anche alla regia) della serie di fantascienza FREAKS! nata sul web e trasmessa anche in tv nel 2011 – 2012.
Il risultato è stato splendido: tante persone, tante domande e molto entusiasmo. Ci siamo resi conto che Roma è PIENA DI NON MORTI (dentro)! Sono accorsi tanti non morti, lettori pensanti con un mucchio di osservazioni intelligenti e interessati.
Non immaginatevi una cosa pallosa eh anche perché come sarebbe possibile annoiarsi con loro?
Oppure con loro?
Insomma se non ceravate, vi siete persi una bell’evento. La lettura di Pannofino ha messo i brividi. (Guardate il VIDEO)
Ora provate a leggerlo voi e cogliete le differenze 🙂
“Che fine abbiamo fatto io e Keison, beh, è chiaro: siamo a
Roma per osservare e descrivere la situazione, la città, i suoi
abitanti, tutto.
Perché abbiano chiamato proprio noi, me lo chiedo anche
Insomma, ce ne sono di scrittori e disegnatori romani più
famosi di noi in giro, ma forse sono tutti morti. Ci hanno
affidato questo compito senza neanche spiegarci bene perché,
ma non è che al momento avessimo niente di meglio da fare,
quindi eccoci qui.
E poi l’idea di tornare a casa, rivedere Roma, non mi
dispiace.
Che fine faremo, tutti, non lo so proprio. Magari questa città,
i suoi abitanti, potranno esserci d’aiuto per capirlo….”
“….Termini è il punto più critico.
Stamattina, andando via dalla stazione, ho notato il tabellone
di arrivi e partenze che spiccava nella grande hall: uno di
quelli vecchi, analogici. Li ho sempre amati, e sono sempre
stato convinto racchiudessero tutta l’essenza del viaggio.
Che si trattasse di partenze, con le lettere che piano piano si
trasformavano nel nome della tua prossima destinazione, o di
arrivi, fra i continui sguardi impazienti di chi è in attesa di un
qualche ritorno.
Ora il tabellone se ne stava fermo lì, senza vita, senza le
costanti attenzioni dei viaggiatori, bloccato e inutile. Una lista
di città al momento irraggiungibili.
Senza nessun ritorno in programma…”
“…Prima di raccontarvi cos’altro è successo in questi
giorni, voglio che vi mettiate bene in testa una cosa: siete
zombie, tutti voi, che barcollate imitando i gesti della
nostra vita passata. Forse è ora che qualcuno vi infili
una pallottola in testa, metaforicamente, per riportarvi
alla realtà…”
…”Anche ora, dopo che tutto è andato a farsi fottere, sai che
sull’alcol puoi contarci sempre. Che fuori il mondo sia invaso
da orde di zombie famelici o da un esercito di mostruosi alieni,
sai che non cambierà il suo sapore, il suo odore.
Vedendo la quantità di alcol che gira per il bar della hall
dell’hotel, viene da chiedersi come mai la gente non abbia
fatto razzia e scorte anche di quello. Certo, può non sembrare
un bene di prima necessità, al contrario di cibo, acqua, armi o
benzina, ma in realtà non è così.
L’alcol, soprattutto in una situazione come questa, ha diversi
usi. Per esempio aiuta a riscaldarsi, e con l’inverno ormai
prossimo non è una cosa da poco. Serve poi a dimenticare:
un amore perduto, un amico caduto, una tragedia, gli zombie,
gli spari, l’Apocalisse. Capisco l’importanza di conservare i
ricordi, l’importanza della memoria, ma ogni tanto lasciare
andare i propri pensieri è una bella cosa. Infine, l’alcol serve
a sciogliere la mente e le parole, e a compiere uno dei gesti
più terapeutici che l’uomo possa fare: raccontare storie. Cosa
c’è di meglio per esorcizzare una paura, per accarezzare un
ricordo, per incontrare di nuovo qualcuno che non c’è più?
Tra l’altro, è quello che stiamo facendo io e Keison qui.
Quando Keison mi ha visto scendere, ha spento il suo tablet
e si è alzato in piedi. Mi è bastato fare un cenno verso il bar
Mentre scrivo la parola zombie, mi sono reso conto che non ne
ho ancora parlato, fino ad ora. Parlato come si deve, intendo.
Quindi permettetemi una piccola divagazione, soprattutto
per le generazioni future che (spero) leggeranno queste righe, e
che (spero) non avranno mai a che fare con un morto vivente.
Innanzitutto, li abbiamo sempre chiamati zombie, fin dal principio.
Siamo pieni di film, libri, fumetti sull’argomento, ed è così che
sono stati sempre chiamati. La parola si è infilata talmente a fondo
nelle nostre teste, nel nostro immaginario, che nel momento in cui
il primo morto si è rialzato, chiunque fosse nei paraggi è scappato
via urlando: “Zombie!”. O almeno immagino….”
Vi lasciamo alle foto, del prima, del durante e del dopo l’Apocalisse.
Buona visone 😉