La Figlia di Odino – Intervista all’autrice Siri Pettersen
Vi abbiamo parlato molto della Figlia di Odino, soprattutto negli ultimi tempi, tra approfondimenti, anteprime, recensioni e il blog tour sui nostri social. Oggi però vi portiamo qualcosa di davvero speciale.
Abbiamo intervistato per voi l’autrice del libro, Siri Pettersen, che è stata super disponibile nel rispondere a tutte le nostre domande ed è stata super entusiasta nel portarvi il suo personale saluto e introdurvi alla lettura de La Figlia di Odino.
Ma bando alle ciance, passiamo all’intervista vera e propria!
- Iniziamo dalle domande più generiche: Come è nata l’idea del romanzo?
Amo il fantasy. L’ho sempre fatto e sempre lo farò. Non c’era un’idea particolare o un qualcosa che mi ha ispirato, più che altro una serie di cose. Ho giocato roleplay quando ero giovane, e leggevo sempre fumetti. Qualunque cosa io abbia mai fatto ha probabilmente lasciato il segno nel mio libro. Hirka a dire il vero è stata creata come un personaggio che ho impersonato giocando a Dungeons & Dragons, anche se è molto diversa nella saga di Raven Rings. - Durante la stesura ci sono posti o personaggi ispirati a persone o luoghi realmente esistenti? (sia fisicamente che caratterialmente).
Sì. È molto difficile non lasciare che alcuni dettagli dalla vita reale influenzino nella propria storia.
C’è un po’ di tutti nei miei personaggi, anche la mia dolce metà e i miei migliori amici. Anche i luoghi, per esempio le montagne su cui si allena Rime sono ispirate da Huang Shan, le montagne gialle in Cina. - Questo romanzo capovolge l’idea dell’eroe tradizionale in diversi modi, parla di una ragazza la quale al contrario di quanto si legge di solito ha come particolarità il non avere nulla di speciale, da cosa nasce questa volontà di celebrare la “normalità” in un mondo in cui tutti vogliono essere speciali?
In realtà, l’idea di toglierle tutto non è stato il mio primo pensiero. Ma quando ci ho pensato, semplicemente è sembrato tutto molto più emozionante! Un personaggio ha l’opportunità di mostrare chi è veramente attraverso le avversità. Sembrava molto più interessante lavorare con qualcuno di fallito e inadeguato, e certamente un personaggio con cui è più facile per il lettore identificarsi. Penso che il sentimento di non essere all’altezza sia universale. - Tu sei nata in Norvegia e il romanzo è affine alla tradizione nordica, quanto della tua cultura pensi abbia influenzato la stesura de La figlia di Odino?
Sono cresciuta a nord della Norvegia, dove c’è buio pesto gran parte dell’anno, con l’aurora boreale, cielo limpido, pieno di stelle e un selvaggio e ruggente oceano. Scorre nelle mie vene. La cultura nordica è più che un background, ha dato forma a molte cose: personaggi, posti e trama. Non sarebbero stati la stessa cosa venendo da un altro posto, ma lo stesso può ovviamente esser detto per molti altri libri provenienti da altri posti. - Il tema del romanzo si dispiega attorno al concetto di xenofobia, cosa puoi dirci al riguardo?
La paura di chi è diverso è la premessa iniziale della storia. Hirka è un umana, in un mondo in cui l’umanità è un mito. È temuta, odiata e cacciata, semplicemente per essere umana, e non c’è un singolo lettore sul pianeta che non riuscirebbe a empatizzare con questo. Comunque, la stessa cosa succede ogni giorno nel nostro stesso mondo. Odio, arroganza, diffamazione, paura… ma nei libri c’è anche la paura di ciò che è sconosciuto, la paura di chi è più forte, la paura del potere, della ribellione, del cambiamento… La paura è una forza così grande in ciò che facciamo, ed è più importante che mai scrivere e leggere storie su di essa. - Il personaggio di Hirka è forte e tenace, sebbene sia sempre messo alla prova da tutto ciò che la protagonista dovrà affrontare nella lotta contro le forze a lei ostili. Riesci a rivederti nel personaggio?
Hirka ha un’incredibile forza morale. Sa distinguere il bene dal male, e farebbe ciò che è giusto a prescindere dai costi. La ammiro per questo, e posso solo sperare di avere anche solo una minima somiglianza con lei, anche se nel mio cuore so che è una persona migliore di me. Ma so che entrambe condividiamo la stessa indole, una sicurezza riguardo dove stiamo andando e cosa stiamo facendo. - Sicuramente un altro tema presente nel romanzo è la ricerca di sé, inevitabilmente la protagonista crescerà durante il corso della trilogia, come hai immaginato questo cambiamento? È stato difficile accompagnare Hirka in questo processo durante la stesura?
È strano, ba i libri sono stati parte della mia vita per così tanto, quindi la crescita di Hirka è stata piuttosto naturale. Ho vissuto e sono cresciuta con lei. Ma lei è diventata molto più importante, e molto più calma di quanto avessi mai immaginato all’inizio. - Il libro ha ricevuto parecchi premi e onorificenze, ti aspettavi tutto questo successo?
Nemmeno in un migliaio di anni! Quando ho iniziato a scrivere per la prima volta, alcune persone hanno detto che era inutile, perché gli editori non volevano fantasy. Quello era un errore. Poi hanno detto che non avrebbe venduto molto. Lo ha fatto. Alcuni dicevano che i media non sarebbero mai stati interessati nel fantasy, soprattutto da un’autrice debuttante. Ma lo sono stati. Anche la pazza idea di un film sembra una possibilità adesso. Ma questo non è dovuto solo a me. Posso incolpare solo i lettori. Sono abbastanza sicura di avere i migliori fan del mondo. Sono incredibilmente dediti e fanno tantissime fantastiche fanart. Questo successo appartiene a loro tanto quanto a me. - Se dovessi scegliere la tua parte preferita del libro e il tuo personaggio preferito, quale sarebbero?
Domanda difficile, ma penso che il mio preferito sia Rime. È così forte, ma così triste, anche autodistruttivo a volte. Specialmente in una scena piovosa sulle montagne, dopo il punto di svolta che avviene verso il 75% del libro. Coinvolge il suo futuro e la sua fede e non posso dire molto senza fare spoiler. - Ci sono aneddoti legati al periodo in cui hai scritto il romanzo che vorresti condividere con noi?
Proprio prima che il primo libro venisse pubblicato, me ne stavo seduta in un bar, lavorando a idee per il secondo libro. C’era molta confusione, ed era difficile, perché io volevo approfondire l’aspetto della lingua norvegese per la storia e i personaggi. Mentre stavo seduta là, ho pensato tra me “Mi piacerebbe davvero conoscere qualcuno che parli antico norvegese.” Tre secondi dopo, sento un tizio dietro di me che facendo conversazione diceva “Quando ho fatto la mia laurea magistrale in antico norvegese ecc” Ero shockata! Ho pensato tra me “È appena accaduto ciò che penso o è successo solo tutto nella mia testa?” Quindi mi giro, e lui è lì, a parlare con una donna, e mi sono presentata. Siamo diventati ottimi amici. Il suo nome è Alexander Lykke (che in realtà significa “felicità” o “fortuna” in norvegese). È un linguista e decisamente geek, è lui che ha creato l’intera lingua per i cechi. È ricca, completa e complessa, e sto pensando di pubblicarla in un libro a parte. A proposito di fortuna!
E parlando di fortuna, è stata davvero una fortunata esperienza poter intervistare l’autrice avendo così uno sguardo più dall’interno sulla passione e la dedizione che questa donna ha messo nella creazione di questa bellissima saga, ci insegna che i sogni si possono realizzare se ci si crede davvero!
E voi? Che ne pensate? Fatecelo sapere con un commento o lasciando un mi piace sui nostri social!
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In alternativa, lo troverete da domani in tutte le librerie!
Buone letture! 😀