Star Wars: Una Nuova Alba. Il Conte Vidian

QUI È OBI-WAN KENOBI
LE FORZE DELLA REPUBBLICA
SI SONO RIVOLTATE CONTRO I JEDI
STATE LONTANI DA CORUSCANT,
NON FATEVI RICONOSCERE
SIATE FORTI
CHE LA FORZA SIA CON VOI

“L’Imperatore svela un progetto ambizioso
per l’espansione della flotta imperiale”.
“Il conte Vidian dà il via
al nuovo giro d’ispezione industriale”.
“Residuati bellici inesplosi dalle Guerre dei Cloni
continuano a preoccupare”.
– Titoli principali, Imperial HoloNews
(Edizione di Gorse)

“Allarme collisione!”
Solo un attimo prima lo Star Destroyer era emerso dall’iperspazio e, adesso, una nave da carico stava andando a sbattere contro la plancia. Prima che gli scudi dell’Ultimatum potessero essere alzati o che i cannoni potessero essere messi in azione, la nave in avvicinamento virò improvvisamente verso l’alto.
Rae Sloane osservò, incredula, l’imprevedibile mercantile sfrecciare sopra l’oblò della plancia e scomparire alla vista.
Tuttavia, era in grado di sentirlo: un lieve colpo sordo l’avvertì che aveva appena urtato la sommità dello scafo della gigantesca nave. Il nuovo capitano si voltò a guardare il suo primo ufficiale. “Danni?”
“Nessuno, capitano”.
Non mi sorprende, pensò. Di certo era andata peggio all’altro tizio. “Questi bifolchi si comportano come se non avessero mai visto uno Star Destroyer!”
“Di sicuro non l’hanno mai visto”, replicò il comandante Chamas.
“Sarà meglio che ci si abituino”. Sloane osservò il nugolo di trasporti davanti all’Ultimatum. La sua astronave di classe Imperial era uscita dall’iperspazio proprio ai margini della corsia stabilita per l’accesso più sicuro, avvicinandosi pericolosamente al più grosso ingorgo di traffico dell’Orlo Interno. Si rivolse alle decine di membri dell’equipaggio alle proprie postazioni. “State all’erta. L’Ultimatum è troppo nuovo per tornare coi graffi”. Ripensandoci, socchiuse gli occhi. «Inviate un messaggio sul canale della Gilda Mineraria. Il prossimo idiota che arriva a meno di un chilometro da noi si becca una bella pettinata coi turbolaser”.
“Sissignore, capitano”.
Ovviamente, nemmeno Sloane era mai stata in questo sistema, avendo ottenuto il grado di capitano giusto in tempo per il viaggio di collaudo dell’Ultimatum. Alta, muscolosa, con pelle e capelli scuri, Sloane aveva mostrato capacità eccezionali sin dall’inizio, scalando rapidamente i ranghi.
In verità, stava solo facendo una sostituzione sull’Ultimatum, dal momento che il capitano designato era stato assegnato al comitato di costruzione… ma quanti altri erano stati al comando di una nave da battaglia a trent’anni? Non lo sapeva: la Flotta Imperiale esisteva di nome da meno di un decennio, da quando il cancelliere Palpatine aveva annientato i traditori Jedi e trasformato la Repubblica nell’Impero Galattico. Sloane sapeva solo che ciò che sarebbe successo nei giorni a venire avrebbe stabilito se a lei fosse spettata una nave tutta sua.
Era stata informata che questo sistema ospitava qualcosa di raro: una combinazione astronomica assai strana. Gorse, incorniciato nell’oblò di prua, era all’altezza della sua reputazione, quella del pianeta forse più brutto della galassia.
In orbita sincrona attorno alla sua stella madre, la fumigante palla di fango aveva una faccia sempre esposta al calore. Solo la parte che rimaneva costantemente al buio era abitabile e accoglieva un’enorme città industriale, che sorgeva in mezzo a un paesaggio costellato di miniere a cielo aperto. Sloane non riusciva a immaginare come fosse possibile vivere su un mondo che non vedeva mai sorgere il sole… sempre che si potesse definire “vivere” il sudare in un’afosa e perenne notte d’estate.
Immobile sulla sinistra, la donna vide il vero gioiello: Cynda, l’unica luna di Gorse. Abbastanza grande da poter essere annoverata negli archivi imperiali come pianeta gemello di Gorse, Cynda possedeva una meravigliosa luminosità argentea, ed era tanto incantevole quanto il suo genitore era squallido.
Ma Sloane non era interessata al panorama, né ai travagli dei vari perdenti che vivevano su Gorse. Voltò le spalle all’oblò.
“Assicuratevi che i convogli stiano rispettando il nostro spazio libero. Poi informate il conte Vidian che abbiamo…”

“Dimentichi la vecchia procedura”, esordì una voce baritonale.
Il tono aspro delle parole fece sussultare chiunque fosse in plancia, perché tutti le avevano già sentite… ma quasi mai in quel modo. Era la frase tipica del loro famoso passeggero, citata in più di un programma commerciale all’epoca della Repubblica e ancora utilizzata per introdurre la sua fortunata serie di aiuti gestionali, ora che era al servizio del governo.
Ovunque, la vecchia procedura utilizzata dalla Repubblica stava per essere sostituita. “Dimenticate la vecchia procedura” era davvero lo slogan del momento.
Ma Sloane non sapeva perché la stesse ascoltando in quel momento, comunque. “Conte Vidian”, dichiarò, con lo sguardo che passava da una porta all’altra. “Stiamo solo stabilendo il nostro perimetro di sicurezza. È la procedura standard”.
Denetrius Vidian apparve sulla soglia più lontana da Sloane.
«E io le ho detto di dimenticare la vecchia procedura”, ripeté il conte, anche se non c’era alcun dubbio che tutti lo avessero udito già la prima volta. “L’ho sentita trasmettere al traffico minerario l’ordine di allontanarsi. Sarebbe stato più efficace se foste stati voi ad allontanarvi dalle loro corsie di transito”.
Sloane si irrigidì. «La Flotta Imperiale non si ritira dal traffico commerciale”.
Vidian batté il tacco di metallo sul ponte. “Mi risparmi il suo futile orgoglio! Se non fosse per la thorilide che questo sistema produce, lei sarebbe capitano di una navetta. State rallentando la produzione. La vecchia procedura è sbagliata!”
Sloane si accigliò, contrariata per essere stata zittita sul ponte di comando della sua nave. Era necessario far sembrare che fosse una sua decisione. «È la thorilide dell’Impero. Ci terremo a distanza. Chamas, arretri di un chilometro dalle corsie commerciali… e sorvegli tutto il traffico”.
“Sissignore, capitano”.
“Bene”, disse Vidian. Ogni sillaba veniva pronunciata in tono secco, modulata meccanicamente e amplificata, così che tutti potessero sentire. Ma Sloane non sarebbe mai riuscita ad accettare la parte più strana, che aveva notato quando il conte era salito a bordo: la bocca di quell’uomo non si muoveva mai. Le parole di Vidian arrivavano da una speciale protesi vocale, un computer attaccato a un altoparlante integrato in una placca d’argento che portava intorno al collo.
Sloane aveva sentito una volta la voce di Darth Vader, il principale emissario dell’Imperatore: benché elettronicamente amplificata, la voce ben più profonda del Signore Oscuro conservava ancora un’eco naturale di qualsiasi cosa ci fosse all’interno di quell’armatura nera. Per contro, si diceva che il conte Vidian avesse scelto la sua voce artificiale basandosi su un sondaggio, nel tentativo di ottenere la voce capace di motivare di più nel settore commerciale.
E dal momento in cui era salito a bordo della sua nave con i suoi aiutanti, una settimana prima, Vidian non si era fatto alcuno scrupolo di parlare con il tono di voce alto che riteneva necessario. In merito all’Ultimatum, al suo equipaggio… e a lei.
Vidian percorse a grandi passi meccanici il ponte di comando. Era l’unico modo per descriverlo. Era umano quanto lei, ma gran parte del suo corpo era stato sostituito.
Le braccia e le gambe erano corazzate, invece di essere rimpiazzate con protesi di pelle sintetica: lo sapevano tutti, perché lui non faceva alcuno sforzo per nasconderle. La regale tunica rosso scuro e il gonnellino nero lungo fino alle ginocchia rappresentavano le uniche concessioni al normale abbigliamento di un capitano d’industria sulla cinquantina.
Ma era il viso di Vidian ad attirare l’attenzione in modo imbarazzante. La sua pelle si era deteriorata a causa della stessa malattia che aveva logorato in passato gli arti e le corde vocali, e Vidian aveva celato i suoi lineamenti sotto uno strato di pelle sintetica. E poi c’erano gli occhi: impianti artificiali, costituiti da un’iride giallo acceso collocata in un mare di rosso. Gli occhi sembravano destinati ad altre specie non umane: Vidian li aveva scelti soltanto per ciò che potevano fare. A Sloane risultò chiaro proprio in quel momento, mentre il conte camminava guardando fuori dall’oblò, da convoglio a convoglio, da nave a nave, analizzando mentalmente il quadro generale.
“Abbiamo già incontrato alcuni locali”, disse il capitano.
“Probabilmente ha sentito anche lei il tonfo. La gente qui è…”
“Disorganizzata. Ecco perché sono qui”. Si voltò e si avviò lungo la fila di operatori dei terminali finché non raggiunse la postazione tattica che mostrava tutte le navi presenti in quell’area. Scostò Cauley, il giovane guardiamarina umano, e premette un tasto di comando. Poi indietreggiò dalla console e si bloccò, fissando in modo assente lo spazio.
“Signore?”, chiese Cauley, intimidito.
“Ho trasferito i dati dal suo schermo al mio impianto ottico”, spiegò Vidian. “Lei può tornare al suo lavoro mentre io li leggo”.