Star Wars: Una Nuova Alba. Il Pilota dell’Expedient

“Fai attenzione, idiota!”
Vedendo l’enorme trasportatore di thorilide andargli addosso, Kanan Jarrus smise di parlare e inclinò bruscamente il suo mercantile. Non perse tempo a chiedersi se la nave più grande avrebbe virato nella stessa direzione: corse il rischio, finché poteva ancora scegliere. Fu ripagato con la sopravvivenza… e con una vista pericolosamente ravvicinata della nave in avvicinamento.
“Spiacente”, gracchiò una voce nel comunicatore.
“Vorrei vedere”, disse Kanan, l’espressione indignata negli occhi blu incorniciati da folte sopracciglia scure. Meglio che quel tizio stia in guardia, se dovessi incontrarlo stasera in un vicolo.
Era pura follia. L’orbita ellittica e allungata di Cynda faceva sì che la distanza fra la luna e Gorse cambiasse ogni giorno.
Le giornate da distanza ravvicinata come quel giorno facevano somigliare l’area fra i due mondi alla pista intasata di una gara allo sfascio. Ma l’arrivo dello Star Destroyer e la conseguente distruzione della nave da carico avevano causato un fuggifuggi nello spazio. Una corsa con due gruppi terrorizzati e lanciati in direzioni opposte, che sfrecciavano uno verso l’altro nelle stesse corsie di transito.
Normalmente, Kanan era l’unico a superare i limiti per arrivare dove era diretto. Era così che riusciva a fare un po’ di soldi extra, la ragione principale per cui aveva un lavoro. Ma si vantava anche di riuscire a mantenere il sangue freddo quando gli altri andavano in panico… il che era esattamente ciò che stava succedendo. Kanan aveva già visto uno Star Destroyer, ma era sicuro che nessun altro lì in giro potesse dire lo stesso.
Un altro mercantile gli arrivò di fianco. Non lo riconobbe.
Aveva la foggia di una gemma, con una cabina di pilotaggio a forma di cupola che sporgeva a prua e un’altra per un artigliere situata poco più sopra. Era una bella nave, se paragonata a quelle che erano in volo. Kanan accelerò, cercando di affiancare la nave per dare un’occhiata al pilota. Il mercantile rispose sfrecciando in avanti con sorprendente velocità, rivendicando il proprio vettore e costringendo Kanan a rallentare. Kanan rimase a guardarlo con espressione sbalordita, mentre l’altro pilota inseriva i postbruciatori e schizzava via.
Era la prima volta che toccava i freni da quando era partito, eppure fu notato all’istante. Il comunicatore emise uno stridio, seguito da una voce femminile, che non sembrava affatto felice.
«Ehi, voi! Qual è il vostro identificativo?”
“Chi lo vuole sapere?”
“Sono il capitano Sloane, dello Star Destroyer Ultimatum!”
“Sono impressionato”, rispose Kanan, lisciandosi la barba scura sul mento. “Che cosa indossa?”
“Prego?”
“Sto solo cercando di farmi un’idea. È difficile conoscere gente, qui fuori”.
“Ripeto, qual è il vostro…”
“Qui Expedient, decollato da Gorse City e in volo per la Moonglow Polychemical”. Raramente si prendeva il disturbo di attivare il trasponder, e comunque, nessuno dirigeva mai il traffico lì’.
“Sbrigatevi, o saranno guai!”
Kanan si rilassò sul sedile del pilota e roteò gli occhi.
“Potete spararmi se volete”, dichiarò con voce lenta e strascicata, “ma dovete sapere che trasporto un carico altamente esplosivo di bisolfato di baradio per le miniere di Cynda. È roba che prende fuoco facilmente. Be’, probabilmente voi sarete al riparo dai rottami a bordo di quella vostra grande nave, ma non direi lo stesso per il resto del convoglio. E alcuni di questi ragazzi stanno trasportando la stessa merce. Quindi non so quanto furba possa essere la mossa”. Ridacchiò fra sé.
“Potrebbe essere un bello spettacolo, però”.

Silenzio.
Poi, un momento dopo: “Circolare”.
“Siete sicuri? Cioè, potreste registrarlo e poi farlo…”
“Non tirare la corda, bifolco” arrivò la risposta glaciale.
“E cerca di muoverti”.
Tirò uno dei suoi guanti senza dita e sorrise. “Anche per me è stato un piacere parlare con voi”.
“Ultimatum, chiudo!”
Kanan spense il comunicatore. Sapeva che non c’era alcuna possibilità che lo colpissero, una volta che qualcuno dotato di cervello avesse capito cosa stava trasportando. Per proteggersi, i minatori usavano “Baby” – il nomignolo ironico che stava a indicare il bisolfato di baradio – giù nelle miniere di Cynda.
Gli Imperiali ci avrebbero pensato due volte prima di prendere di mira un “Trasporto Baby” che passava troppo vicino… e il capitano dello Star Destroyer in particolare sarebbe stato meno propenso a rivolgersi a lui dopo quella conversazione.
Anche quello stava andando secondo i piani. Avrebbe preferito evitare quell’incontro, non importava che aspetto avesse lei.
Scimmiottò Sloane, muovendo le labbra senza emettere suoni: “Cerca di muoverti!”. Stava già volando quasi al massimo della velocità. Quando era a pieno carico, l’Expedient non era in grado di fare di più. Il nome sarcastico era stato una sua idea. Il mercantile era della Moonglow, una delle dozzine di navi identiche che la società utilizzava. Le navi finivano male talmente spesso che la compagnia non si prendeva nemmeno il disturbo di dare loro un nome. Anche i “piloti suicidi” non restavano in gioco molto a lungo, ammesso che sopravvivessero, quindi Kanan non aveva idea di quante persone avessero pilotato la sua nave prima di lui. Dare un soprannome al trasporto era solo un tentativo di renderlo un po’ più simpatico.
Si ritrovò a pensare che sarebbe stato bello se, su uno dei pianeti che aveva visitato, avesse potuto pilotare qualcosa che aveva un po’ di classe, come la nave che gli era appena sfrecciata di fianco. Ma in quel caso, chiunque fosse il proprietario, non avrebbe lasciato che si prendesse le stesse libertà che si prendeva con l’Expedient. Come in quel momento: notando due trasportatori minerari diretti verso di lui, inclinò la nave e sfrecciò a spirale fra loro. Le due navi rallentarono: lui proseguì. Che siano loro a fare attenzione a me.
Il suo carico ben fissato non reagì al movimento improvviso, ma la manovra provocò un tonfo sordo in fondo alla stiva.
Voltò la testa, e la corta coda di capelli sfregò contro il poggiatesta. Di sbieco, Kanan vide un vecchio sul ponte, che praticamente nuotava sul pavimento nel tentativo di orientarsi.
“Buongiorno, Okadiah”.
L’uomo tossì. Come Kanan, Okadiah portava la barba senza i baffi, ma aveva i capelli completamente bianchi. Stava dormendo in fondo alla nave, con i fusti di bisolfato di baradio, sull’unico scaffale vuoto. Okadiah preferiva quello alla cuccetta antiaccelerazione nella cabina principale: era più tranquillo. Cercando di capire da che parte fosse la prua, il vecchio si mise a camminare carponi. Parlò all’aria, mentre raggiungeva il posto del secondo pilota. “Ho deciso che non ti pagherò il viaggio, e non avrai la mancia”.
“La miglior mancia che abbia mai avuto è stata cambiare lavoro”, rispose Kanan.
“Bah”.
In realtà, Okadiah Garson faceva molti lavori diversi, ognuno dei quali lo faceva sembrare l’amico perfetto agli occhi di Kanan. Okadiah era il capo di una delle squadre di minatori su Cynda, veterano da trent’anni, che sapeva bene come muoversi. E su Gorse, gestiva l’Asteroid Belt, la taverna preferita da molti dei suoi operai. Kanan aveva conosciuto Okadiah qualche mese prima, sedando una rissa nel suo locale. Era stato grazie a Okadiah che Kanan aveva ottenuto il lavoro di pilota di mercantile con la Moonglow. E inoltre, Kanan viveva nella pensione accanto alla taverna. Un padrone di casa con una scorta di liquori era un buon affare, in effetti.
Okadiah sosteneva che condivideva una bevuta solo quando qualcuno si faceva male nelle miniere. Era una convinzione piuttosto comoda, considerato che succedeva quasi ogni giorno. Il crollo del giorno prima era stato così brutto che i bagordi erano andati avanti per tutta la notte e, come conseguenza, Okadiah aveva perso la navetta degli operai del suo turno. I Trasporti Baby non portavano molti passeggeri che avevano altre alternative per arrivare al lavoro, e Kanan non dava passaggi. Ma per Okadiah aveva fatto un’eccezione.
“Ho sognato di sentire una voce femminile”, disse il vecchio, fregandosi gli occhi. “Severa, regale, imperiosa”.
“Il capitano dell’incrociatore”.
“Mi piace”, disse Okadiah. “Non va bene per te, naturalmente, ma io sono un uomo facoltoso. Quando posso incontrare questo angelo?” Kanan alzò il pollice, indicando fuori dall’oblò alla sua sinistra. Là, il vecchio vide l’Ultimatum che si profilava dietro il viavai del traffico spaziale. Gli occhi arrossati si spalancarono per poi stringersi in una fessura, mentre cercava di capire cosa stesse guardando.
“Uhm”, disse alla fine. “Ieri non c’era”.
“È uno Star Destroyer”.
“Oh, povero me. Ci distruggeranno?”
“Non gliel’ho chiesto”, rispose Kanan, sorridendo. Non aveva idea di come un vecchio minatore fosse riuscito a sviluppare un modo di parlare tanto garbato su un postaccio come Gorse, ma lo aveva sempre divertito. “Qualcuno l’ha fatta arrabbiare. Conosci qualcuno sul Cynda Dreaming?”
Okadiah si sfregò il mento. “Fa parte della squadra della Calladan. Un Testa a martello alto e magro. Ha accumulato un bel conto da pagare all’Asteroid Belt”.
“Be’, puoi scordarti di riscuoterlo”.
“Oh”, disse Okadiah, guardando di nuovo fuori dall’oblò.
C’era ancora in giro qualche resto dello sfortunato mercantile.
“Kanan, ragazzo, hai un modo molto efficace di far passare la sbornia alle persone”.
“Bene. Ci siamo quasi”.
L’Expedient rollò e virò verso la superficie bianca e l’atmosfera rarefatta di Cynda. Era stato scavato un cratere artificiale che fungeva da area di atterraggio: una mezza dozzina di attracchi illuminati di rosso erano stati ricavati nei lati, collegati alle aree minerarie sottostanti. Kanan portò l’Expedient sopra il cratere, poi puntò la nave verso l’entrata a lui designata.
Okadiah guardò verso prua e socchiuse gli occhi. “Ecco la mia navetta !”
“Te l’avevo detto che l’avremmo raggiunta”.
Sì, l’avevano raggiunta, ma non era stato solo grazie agli sforzi di Kanan. L’ordine assurdo dell’Impero aveva giocato un ruolo fondamentale. La navetta per gli operai su cui avrebbe dovuto trovarsi Okadiah aveva tentato di entrare nell’attracco troppo velocemente e aveva buttato giù un lato dell’ingresso.
Ora stava bloccando l’entrata, inerte e in parte sospesa oltre il bordo. Non era a rischio di caduta, ma lo scudo magnetico che avrebbe dovuto fungere da chiusura della caverna non poteva essere attivato. Gli operai in tuta spaziale erano fermi nell’attracco a fissare inermi il relitto.
“Spostatelo”, disse Kanan nel comunicatore.

“Resta immobile, Moonglow-Settantadue”, arrivò gracchiando la risposta dalla torre di controllo al centro del cratere. “Ti faremo entrare dopo che avremo fatto sbarcare e munito di tute gli operai”.
“Ho un orario da rispettare”, replicò Kanan, uscendo dalla modalità di volo stazionario e dirigendo l’Expedient verso l’entrata.
Una serie di vibranti proteste giunse dal comunicatore, attirando l’attenzione di Okadiah. L’uomo lanciò uno sguardo
a Kanan. “Lo sai che stiamo trasportando potenti esplosivi?”
“Non mi importa”, rispose Kanan. “E a te?”
“Per niente. Scusa il disturbo. Continua pure”.
E così fece Kanan, avvicinando con abilità il muso tozzo dell’Expedient alla parte esposta della navetta. Vide i minatori all’interno, che protestarono inutilmente contro di lui quando la sua nave entrò in contatto con l’altra con un rumore metallico.
Sforzando i motori, Kanan diede potenza all’Expedient e liberò la navetta dall’entrata. Lo stridore acuto riecheggiò fra le due navi, e Okadiah lanciò un’occhiata nervosa nella stiva.
Ma dopo pochi secondi, entrambe le navi erano all’interno dell’area di atterraggio. Lo scudo magnetico sigillò la zona d’attracco, e Kanan spense i motori.
Okadiah emise un fischio. Per un istante osservò Kanan con un certo stupore, poi posò le mani sui comandi davanti a lui. “Bene, è andata”. Fece una pausa, evidentemente confuso. “Facciamo una bevuta dopo il lavoro, giusto?”
“Come no”.
“Un ordine completamente sbagliato”, osservò il vecchio, barcollando leggermente mentre si alzava.
“Andiamo, allora”.