Un Nuovo Orizzonte: Benny Imura VS gli Scienziati

Cronache Zombie: Un Nuovo Orizzonte si è fatto attendere più del dovuto (la data di uscita è slittata di due settimane, come potete leggere qui) ma finalmente ci siamo: per celebrare come si deve l’arrivo dell’ultimo capitolo di questa saga leggendaria eccovi il terzo estratto in esclusiva!

Godetevi l’anteprima, e ricordate: troverete Un Nuovo Orizzonte in libreria dal 28 aprile!

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“Buongiorno, signor Imura”, disse una voce d’uomo fredda e impersonale attraverso lo speaker montato nel muro. “Come si sente oggi?”
“Furioso”, rispose Benny.
Ci fu una pausa. “No”, riprese la voce dell’uomo che non intendeva lasciarsi portare fuori pista, “come si sente?”
“Gliel’ho detto”.
“Non ha capito. Si sente poco bene? Si sente forse…”
“Ho capito la domanda”.
“Ha percepito dei sintomi strani?”
“Certo”, rispose Benny. “Mi fa male la testa”.
“Quando ha iniziato?”
“Circa un mese fa”, rispose Benny. “Un cazzone di zombie mutante mi ha colpito in testa con un bastone”.
“Ci ha già detto di questo male, signor Imura”.
“E allora perché me l’ha chiesto?”
“Le abbiamo chiesto se ha dei sintomi strani”.
Le bastonate da parte degli zombie non sono del tutto normali, dottore. Se lo segni”.
La scienziata sospirò, uno di quei respiri che le persone fanno con le narici quando stanno per perdere la pazienza.
Benny, nell’ombra, ridacchiò.
La domanda successiva, però, gli spazzò via il sorriso.
“Cos’è successo nella cella di attesa oggi?”
“Ha… ha cercato di prendermi”.
“Ha toccato la sua pelle con le sue mani?”
“No”.
“L’ha morsa?”
“No”.

“Avete incrociato i vostri fluidi corporei in qualche modo?”
“Eeew… No”.
“Ha la febbre?”
“Non lo so, perché non mi fa entrare così me la prova lei?”
Una pausa. “C’è un protocollo di sicurezza…”
“… da rispettare”, finì Benny. “Sì, lo so. L’avete detto quaranta milioni di volte”.
“Signor Imura, abbiamo bisogno di sapere se l’infetto…”
“Il suo nome è Lou Chong”, gridò Benny. “E vorrei tanto sapere che cosa gli avete fatto”.
La pausa fu più lunga questa volta. “Il signor Chong è stato sottoposto a trattamento”.
“Lo so questo, genio. Voglio sapere come. Voglio sapere cosa gli sta succedendo. Quando migliorerà?”
“Non… abbiamo risposte a queste domande”.
Benny colpì con un pugno il piccolo speaker di metallo montato sul muro. “Perché no?”
“Signor Imura”, disse la donna, “per favore, non renda le cose difficili”.
“Ah, io rendo le cose difficili? Vi abbiamo consegnato tutto quello che abbiamo trovato su quell’aereo scassato, tutti i rapporti medici. Perché non potete fare qualcosa voi per noi?”
Visto che la risposta non arrivava, Benny cercò di cambiare argomento, sperando di indurla a lasciarsi sfuggire qualche informazione.
“Da dove arriva quel branco di cinghiali selvatici che ha cercato di mangiarsi la mia amica Lilah? Credevo che solo gli umani potessero trasformarsi in zom”.
Siamo a conoscenza di un limitato numero di infezioni su una piccola percentuale della popolazione di cinghiali selvatici”.
“Che significa? Quanto è una piccola percentuale? Quanti sono?”
“Non abbiamo il numero esatto…”
Benny sospirò. Erano sempre così evasivi.
Dopo un attimo la donna continuò. “Sta forse sperimentando una sudorazione eccessiva, signor Imura? Vede doppio? Ha la bocca asciutta?”
Le domande continuarono per parecchio. Benny chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale. Dopo un po’ la voce parve arrendersi al fatto che Benny non era molto collaborativo.
“Signor Imura…?”
“Sì, sì, sono ancora qui”.
“Perché rende le cose difficili?”
“Continuo a dirvelo. Non sono io. Io sto cercando di comunicare con voi. Siete voi che mi boicottate. Perché? Perché per come la vedo io lei e i suoi amici mi dovete, anzi ci dovete, a me e ai miei amici, un grande favore. Se non avessimo detto al capitano Ledger delle armi che avevamo trovato sull’aereo, quell’esercito di mietitori sarebbe venuto qui e avrebbe ucciso tutti, lei e i malati, i monaci e tutti quelli che sono in quello stupido fortino”.
L’aereo in questione era un Super Hercules C-130J, un massiccio aeromobile cargo costruito prima della Prima Notte. Benny e Nix l’avevano trovato distrutto in mezzo alla foresta. Era stato utilizzato per evacuare una scienziata, la dottoressa Monica McReady, e il suo staff, da Hope One, una remota base di ricerca vicino a Tacoma, Washington.
Il team era stato laggiù per studiare la recente mutazione che stava assumendo la Piaga degli Zombie.
“Non confonda l’eroismo con l’interesse personale, signor Imura”, disse la donna con tono gelido. “Avete detto al capitano Ledger delle armi e dell’altro materiale perché era l’unico modo per cui potevate sopravvivere. È stato un atto di disperazione che, a causa della natura del presente conflitto, ha portato beneficio a componenti della società che hanno obiettivi comuni. Chiunque, nella vostra posizione, avrebbe fatto la stessa cosa”.
“Davvero? Quell’aereo era laggiù da almeno un paio di anni, più o meno dietro il vostro cazzuto giardino, e voi non
avevate idea che fosse lì. Se avesse passato un po’ meno tempo con la testa per…”
“Signor Imura…”
Benny sospirò. “Okay, forse avevamo come obiettivo la nostra stessa sopravvivenza quando ve l’abbiamo comunicato, non siamo stupidi, ma questo non toglie il fatto che vi abbiamo salvato il culo”.

“Questo non è accurato, signor Imura. Saint John e l’esercito della Chiesa della Notte sono ancora là fuori. Sa per caso dove si trovano?”
La risposta di Benny fu un ringhio. “No”.
In verità nessuno sapeva dove fossero andati. Le guardie che pattugliavano la recinzione ne avevano visti alcuni e anche Joe Ledger aveva trovato alcuni piccoli gruppi nel deserto, ma l’esercito, quello enorme, era andato via. Pareva che anche Saint John fosse andato con loro, ma nessuno sapeva dove.
All’inizio Benny e i suoi amici ne erano stati contenti, come se fosse stato un sollievo che fossero andati a seminare disgrazie da qualche altra parte, ma riflettendoci meglio l’aveva trovato un pensiero egoista e cattivo. Una reazione immatura. I mietitori avevano un’unica missione, quella di sterminare la vita.
Ovunque fossero andati, sarebbero morte persone innocenti.
“E così”, disse ancora la scienziata, “non può neanche affermare che voi, cito testualmente, ‘ci avete salvato il culo’.
Forse siamo qui a perdere il nostro tempo”.
“Che diavolo significa?”. Ma non ci fu risposta. Benny colpì il muro. “Ehi! Cosa vuol dire?”
Niente.
La luce si accese e la porta si aprì.
Fuori, le sirene stavano già suonando.