Star Wars: Una Nuova Alba. La Lezione di Obi Wan Kenobi
Sentite anche voi un fremito nella Forza? Dopo un assaggio del Lato Oscuro (in un certo senso…) con Tarkin di James Luceno è ora di tornare in compagnia di Jedi e spade laser con Una Nuova Alba, in uscita il 7 luglio! Ecco a voi il primo estratto di questo meraviglioso nuovo capitolo della saga di Star Wars!
“È ora che voi torniate a casa”, disse Obi-Wan Kenobi.
Il Maestro Jedi osservò le luci intermittenti sul pannello di controllo alla sua destra… e poi gli studenti che lo stavano guardando. Il corridoio che correva fra le torreggianti file di computer nella stazione di sicurezza centrale era stato concepito per i pochi Jedi che si occupavano della manutenzione, non per una massa di persone. Ma i piccoli ci stavano alla perfezione, timorosi di spintonarsi a vicenda alla presenza del loro insegnante del mattino.
“È questo il significato del radiofaro”, disse l’uomo barbuto, voltandosi di nuovo verso l’interfaccia. File di luci blu lampeggiavano in un mare di indicatori verdi. Fece scattare un interruttore. “Voi ora non potete sentire né vedere niente. Non qui nel Tempio dei Jedi. Ma lontano da Coruscant, sui pianeti disseminati nella galassia, coloro che appartengono al nostro Ordine riceveranno il messaggio: Tornate a casa”.
Seduto sul pavimento coi suoi compagni nella stazione di sicurezza centrale, il giovane Caleb Dume ascoltava… ma con poca attenzione. Vagava con la mente, come spesso succedeva quando provava a immaginare di essere fuori sul campo.
Era magro e nerboruto allora, con la pelle rubiconda e gli occhi azzurri sotto una zazzera di capelli neri. Era solo uno dei tanti, non era ancora l’apprendista di un mentore. Ma un giorno sarebbe stato là fuori, a viaggiare per mondi esotici insieme al suo Maestro.
Avrebbero portato pace e ordine ai cittadini della Repubblica Galattica, sconfiggendo il male ovunque lo avessero trovato.
Poi si vide più in là negli anni, come un Cavaliere Jedi che combatteva a fianco dei cloni della Repubblica contro i nemici separatisti. Certo, il cancelliere della Repubblica Palpatine aveva promesso di risolvere in fretta il conflitto, ma nessuno poteva essere tanto scortese da porre fine alla guerra prima che Caleb avesse la sua opportunità.
E poi, alla fine, si azzardò a sperare di diventare un Maestro Jedi come Obi-Wan, riconosciuto, benché così giovane, come uno dei saggi più avveduti dell’Ordine.
Allora sì che avrebbe compiuto davvero grandi prodezze.
Avrebbe condotto valorosamente la battaglia contro i Sith, la leggendaria controparte malvagia dei Jedi.
Naturalmente, i Sith non si vedevano da mille anni, e lui non aveva alcun sospetto riguardo al loro ritorno. Ma, in fatto di ambizioni, Caleb non era diverso dagli altri ragazzi intorno a lui, qualsiasi fosse il sesso o la specie. L’immaginazione degli adolescenti non conosceva confini.
Il Maestro Jedi dai capelli biondo-rossicci toccò di nuovo il pannello. “È in modalità di prova ora”, disse Obi-Wan.
“Nessuno risponderà. Ma se dovesse esserci una vera emergenza, i Jedi potrebbero ricevere il messaggio in diversi modi”. Abbassò lo sguardo sui suoi ascoltatori. “C’è il segnale base d’allarme. E poi ci sono altri elementi, in cui potreste trovare testi più dettagliati e messaggi olografici. Non importa il formato, lo scopo primario dovrebbe essere chiaro…”
“Tornate a casa!”, gridarono gli studenti riuniti.
Obi-Wan annuì. Poi notò una mano alzata. “Lo studente in fondo”, disse, cercando di richiamare alla mente il nome.
“Caleb Dume, giusto?”
“Sì, Maestro”.
Obi-Wan sorrise. “Anche io sto imparando”. Gli studenti ridacchiarono. “Hai una domanda, Caleb?”
“Sì”. Il ragazzo prese fiato. “Dove?”
“Dove cosa?”
Gli altri alunni risero di nuovo, un po’ più forte, questa volta.
“Dov’è casa? Dove andiamo?”
Obi-Wan sorrise. “A Coruscant, naturalmente. Qui, al Tempio dei Jedi. Il richiamo è esattamente ciò che sembra”.
L’insegnante fece l’atto di voltarsi di nuovo verso il segnalatore, quando vide con la coda dell’occhio Caleb che alzava ancora la mano. Il ragazzo non era il tipo da sedersi in prima fila a tutte le lezioni – nessuno rispettava il cocco dell’insegnante – ma la timidezza non era mai stata un problema per lui.
“Sì, Caleb?”
“Perché…”. La voce del ragazzo si incrinò, fra le risa soffocate dei suoi compagni. Lui guardò gli altri e ricominciò. “Perché tutti i Jedi dovrebbero venire qui nello stesso momento?”
“Ottima domanda. Osservando questo posto, si potrebbe pensare che ci siano tutti i Jedi di cui abbiamo bisogno!”. Obi-Wan sorrise ai Maestri degli studenti, tutti in piedi all’esterno, nella più spaziosa sala di controllo, a osservare. Con la coda dell’occhio, Caleb vide fra loro Depa Billaba. Pelle abbronzata e capelli scuri, la Jedi aveva manifestato un interesse nell’averlo come apprendista, e ora lo stava studiando da lontano col suo solito sguardo molto tollerante: E ora, cosa stai blaterando, Caleb?
Lo studente avrebbe voluto sprofondare nel pavimento… quando Obi-Wan si rivolse direttamente a lui.
“Perché non lo dici tu a me, Caleb: quale motivo ci indurrebbe, secondo te, a richiamare tutti i Jedi dell’Ordine?”
Il cuore di Caleb cominciò a battere più forte, quando si accorse che tutti lo stavano fissando. Nella quotidianità, il ragazzo non aveva mai temuto seccature per aver parlato troppo apertamente: i bambini coi quali si esercitava regolarmente sapevano che non si tirava mai indietro. Ma alla riunione c’erano studenti che non aveva mai visto, compresi quelli più grandi, per non parlare dei Maestri Jedi. E a Caleb si era appena presentata l’opportunità di farsi notare da un membro dell’Alto Consiglio davanti a tutti.
O forse l’occasione di rispondere in modo errato alla domanda, e prendersi i loro insulti. Le possibilità erano infinite…
Inclusa una domanda trabocchetto.
“So per quale motivo li richiamereste”, disse alla fine Caleb.
“Per ragioni inaspettate!”
Gli altri scoppiarono a ridere, facendo svanire ogni parvenza di ordine rispettoso alle parole di Caleb. Ma Obi- Wan alzò le mani. “Questa è la risposta migliore che abbia mai sentito”, affermò.
Il gruppo si zittì, e Obi-Wan continuò: “La verità, miei giovani amici, è che io non lo so. Potrei raccontarvi delle numerose volte in cui, nel corso della storia dell’Ordine, i Jedi sono stati richiamati a Coruscant per occuparsi di una minaccia o un’altra. Eventi infausti, che hanno portato a grandi gesta eroiche. Esistono verità ed esistono leggende permeate di verità, e ognuna di queste può insegnarvi qualcosa. Sono certo che Jocasta, la nostra bibliotecaria, può aiutarvi a fare maggiori ricerche”. Giunse le mani. “Ma non esiste un avvenimento che sia uguale a un altro… e quando il segnale verrà diffuso di nuovo, anche quell’evento sarà unico. Mi auguro che non sarà necessario, ma sapere della sua esistenza fa parte del vostro addestramento. Quindi la cosa importante è: quando ricevete il segnale…”
“… tornate a casa!”, conclusero i bambini, compreso Caleb.
“Molto bene”. Obi-Wan disattivò il segnale e attraversò la folla, diretto all’uscita. Gli studenti si alzarono e uscirono in fila, dirigendosi alla sala di controllo, felici di essere in uno spazio più ampio e chiacchierando del ritorno alle altre lezioni. La gita di istruzione in quel livello del Tempio dei Jedi era conclusa.
Anche Caleb si alzò, ma non si allontanò dal corridoio.
I Jedi insegnavano ai loro studenti a osservare le cose da ogni lato, e Caleb si ritrovò a pensare che forse c’era un altro modo di vedere la questione che era stata appena presentata loro.
Con le sopracciglia aggrottate, fece per alzare di nuovo la mano. Poi si accorse che era rimasto solo. Nessuno lo stava guardando o ascoltando.
A parte Obi-Wan, che era rimasto sulla soglia. “Cosa c’è?”, chiese a voce alta il Maestro per farsi sentire sopra il baccano. Alle sue spalle, gli altri si calmarono, bloccandosi.
“Cosa c’è, Caleb?”
Stupito di essere stato notato, Caleb deglutì. Vide la Maestra Billaba accigliarsi leggermente, mentre si chiedeva, senza dubbio, cosa aveva in mente questa volta la sua giovane e impulsiva promessa. Era una buona opportunità per stare zitto. Ma da solo, in piedi in mezzo al corridoio fra le file di luci, non aveva scelta. “Questo radiofaro. Può inviare qualsiasi messaggio, giusto?”
“Ah”, rispose Obi-Wan. “No, di solito non lo usiamo per le normali questioni amministrative. Come Cavalieri Jedi – cosa che spero un giorno diventerete tutti – riceverete questo genere di informazioni individualmente, con forme meno drammatiche di…”
“Potete far allontanare le persone?”
Il gruppo intero trasalì. Interrotto, ma non visibilmente irritato, Obi-Wan sgranò gli occhi.
“Come, prego?” “Potete far allontanare le persone?”, ripeté Caleb, indicando i comandi del radiofaro. “Può richiamare tutti i Jedi all’istante. Può avvertirli di tenersi lontani?”
Nella stanza alle spalle di Obi-Wan si levò un brusio di voci.
La Maestra Billaba entrò nella sala dei computer, cercando, evidentemente, di porre fine a un momento imbarazzante.
“Credo che basti, Caleb. Ci scusi, Maestro Kenobi. Non vogliamo farle perdere del tempo prezioso”.
Obi-Wan non la stava guardando. Anche lui stava fissando il radiofaro, con espressione pensierosa. “No, no”, disse infine, indicando la folla senza voltarsi. “Aspettate, per favore”. Si grattò la testa e si rivolse di nuovo alla gente riunita. “Sì”, disse, con calma. “Suppongo possa essere usato per avvertire i Jedi di tenersi lontani”.
Gli studenti reagirono con un boato di protesta.
Avvertire i Jedi di allontanarsi?
I Jedi non scappavano! I Jedi correvano incontro al pericolo!
I Jedi resistevano, i Jedi combattevano!
Gli altri Maestri intervennero, facendo un cenno a Obi-Wan.
“Studenti”, disse uno dei più anziani, “non c’è ragione di…”
“Nessuna ragione apparente”, si intromise Obi-Wan, puntando l’indice in aria. Cercò lo sguardo di Caleb. “Soltanto ciò che ha detto il nostro giovane amico: ragioni inaspettate”.
Il silenzio calò sul gruppo. Caleb, di nuovo restio a parlare, lasciò che fosse un altro studente a chiedere ciò che lui stava pensando. “Quindi cosa accadrebbe? Se ci mandaste via tutti, cosa accadrebbe?”
Obi-Wan ci pensò un istante, prima di voltarsi verso gli studenti mostrando loro un sorriso cordiale e rassicurante.
“Quello che succede tutte le volte. Voi eseguirete l’ordine… e resterete in attesa del successivo”. Sollevando le braccia, congedò l’assemblea. “Grazie per il vostro tempo”.
Gli studenti uscirono in fila e in fretta dalla sala di controllo, continuando a parlare. Caleb rimase, guardando Obi-Wan sparire dietro un’altra porta. I suoi occhi si posarono di nuovo sul radiofaro.
Sentiva che la Maestra Billaba lo stava osservando. Si voltò e la vide, sola, in attesa sulla soglia. L’espressione accigliata era scomparsa, e il suo sguardo era cordiale e premuroso. Gli fece cenno di seguirla. Lui la assecondò.
“Il mio giovane stratega continua a pensare”, disse mentre entravano nell’ascensore. “Hai altre domande?”
“Restate in attesa degli ordini”. Caleb aveva gli occhi fissi a terra, poi li sollevò su di lei. “E se gli ordini non dovessero mai arrivare? Non saprei cosa fare”.
“Forse lo saprai”.
“Forse no”.
Lei lo guardò, pensierosa. “Va bene, forse no. Ma tutto è possibile”, affermò, posando il braccio sulle sue spalle, mentre la porta si apriva. “Forse la risposta ti arriverà sotto un’altra forma”.
Caleb non sapeva cosa volesse dire. Ma era tipico della Maestra Billaba parlare per enigmi, e, come sempre, lui se ne dimenticò non appena uscì sul piano dove si esercitavano i giovani Jedi. Ogni giorno, le stanze del Tempio vedevano i più potenti guerrieri della galassia insegnare alle generazioni successive a combattere con le spade laser, fare acrobazie, lottare corpo a corpo, e perfino pilotare navi spaziali, usando dei simulatori. Ogni disciplina immaginabile che aveva una qualche affinità con la mistica Forza, il campo di energia da cui i Jedi traevano il loro potere, poteva rivelarsi utile.
E quelli che vedeva rappresentavano solo una piccola frazione dell’Ordine dei Jedi, che aveva avamposti e basi operative in tutta la galassia conosciuta. È vero, la Repubblica Galattica era al momento in guerra con i Separatisti, ma i Jedi avevano sventato pericoli per mille generazioni. Come era possibile che qualcuno o qualcosa potesse costituire una minaccia per loro?
Caleb entrò in una stanza dove i suoi compagni erano già al lavoro, esercitandosi con bastoni di legno. Uno dei suoi soliti avversari nel duello, un giovane umanoide dalla pelle rossa, gli andò incontro sulla porta, con l’arma di allenamento in mano.
Anche lui aveva partecipato alla conferenza. “Benvenuto, giovane Maestro Serious”, esordì, sorridendo. “Cos’era tutta quella storia con il Maestro Kenobi?”
“Non ci pensare”, rispose Caleb, spingendolo da parte per entrare nella stanza e andare a prendere la sua arma di allenamento. “Niente di che”.
“Ma aspetta!”. La mano libera dell’altro ragazzo scattò in aria, imitando Caleb quando voleva porre una domanda.
“Ooh! Ooh! Fate parlare me!”
“Certo, ti conviene concentrarti, amico, perché ho intenzione di suonartele”. Caleb sorrise e si mise al lavoro.