Anteprima - L'epilogo della saga dedicata al Sith più potente di tutti i tempi
"Se il Maestro più potente del lato oscuro sarà in grado di cogliere il segreto supremo, i Sith non moriranno mai, e neppure Darth bane" .
Star Wars - Darth Bane - la Dinastia del Male è l'ultimo capitolo della splendida saga scritta da Drew Karpyshyn di cui oggi vi diamo una corposa anteprima da scaricare e leggere!
SCARICA QUI L'ESTRATTO
"Il Darth Bane di Karpyshyn non è solo il Sith perfetto, ma anche l'anti eroe perfetto, in bilico tra cinismo e passione"
Diego Rosato - Readers-Bench.com
La serie è ambientata nel Periodo della Vecchia Repubblica, 968 anni prima degli eventi del film La minaccia fantasma ed è una delle poche saghe dell'Universo Espanso di Guerre Stellari che approfondisce il volto e la storia di colui che è nato con il nome Dessel su Apatros, uno dei più importanti Signori Oscuri dei Sith, che riformò l'Ordine e creò la Regola dei Due. Bane fu il Sith'ari, cioè il Sith perfetto che avrebbe reso l'Ordine più potente mediante la loro distruzione. Il personaggio di Darth Bane, e la Regola dei Due, sono stati creati da George Lucas stesso, come parte della storia dei Sith da cui partire per la trilogia nuova dei film. La storia di Bane e altri dettagli sono poi stati elaborati da scrittori dell'universo espanso, specialmente Kevin J. Anderson, Darko Macan, e Drew Karpyshyn.(Fonte: Wikipedia)
Ne "La Dinastia del Male" ...
...In una Galassia lontana lontana... Sono trascorsi vent’anni da quando Darth Bane, Signore Oscuro regnante dei Sith, ha distrutto l’antico ordine e lo ha ricreato composto da due persone: un Maestro che detiene il potere e tramanda il sapere, e un apprendista che impara per sfidare e usurpare, infine, il Signore Oscuro in un duello mortale. L’allievo di Bane, Zannah, deve però ancora sfidare il suo Maestro nello scontro mortale e dimostrarsi degna di succedergli. Determinato a non lasciare che il sogno Sith di dominare la galassia muoia con lui, Bane giura di arrivare al segreto di un Signore Oscuro dimenticato che garantirà l’immortalità ai Sith… e a se stesso
Il libro sarà disponibile in tutte le librerie e sugli store online dal 1° luglio cartaceo e in formato e-book sui migliori e-book store!
Vorrei ringraziare tutti i fan che hanno seguito Des nel suo viaggio da semplice minatore a Signore Oscuro dei Sith: godetevi il Lato Oscuro!
Drew Karpyshyn
Anteprima - Finché Zombie Non Ci Separi di Jesse Petersen
La commedia romantica a base di CERVELLI MARCI ...
"Date alle cose banali la giusta importanza. Meglio essere nel torto ma ancora vivi, che aver ragione e abbuffarsi di cervelli."
Restammo seduti in macchina con le portiere bloccate, e il nostro respiro affannoso fu l’unico suono che emettemmo per parecchio tempo.
“Dovremmo accendere la macchina e sentire se c’è qualche notiziario alla radio”, disse David accanto a me. “Inizio a pensare che non sia un caso isolato”.
Annuii, ma quando andai a inserire la chiave non ci riuscii per quanto stessi tremando. Ci provai una, due volte, poi alla fine David mi afferrò le dita e mi aiutò a guidarle.
“Grazie”, gli sussurrai senza guardarlo, e ruotai il polso. La macchina si mise in moto con un ruggito.
Lui accese lo stereo e fummo accolti dalla musica del suo CD.
Se me ne ero dimenticata, in quel momento tornai a essere infastidita dieci volte di più.
“Gesù, David, quella merda degli Whitesnake?”, dissi voltandomi a guardarlo. “Chi è che ascolta ancora quel rock anni Ottanta scadente, o peggio, chi compra ancora i loro CD? Ti rendi conto che sei dovuto uscire di casa e spenderci pure dei soldi, per questa robaccia?”
“A me piacciono gli Whitesnake”, replicò lui, con un’espressione arrabbiata che probabilmente era identica alla mia. “Non mi pare di averti tenuto nascosti i miei gusti musicali, quando ci siamo sposati. Non è che...”
“Ah, no, hai ragione! Non avevi nessun segreto quando ci siamo sposati, vero? Eri sempre sincero, e guarda come hanno funzionato bene, le cose!”, lo interruppi gesticolando. “Voglio dire... Mi avevi detto che volevi lavorare nel campo della finanza e... ah, no... aspetta! Hai lasciato perdere, non è vero? Mi avevi detto che, una volta ottenuta la tua specializzazione, io sarei potuta tornare a studiare, e invece no, hai deciso che nemmeno quello andava bene!” ..
Il primo libro della trilogia Living with Dead di Jesse Petersen è esilarante, divertente, drammatico, splatter ...Ancora qualche aggettivo? Sì ironico!
Va bene anche noi AMIAMO LA LETTERATURA ZOMBIE (parliamo di quella di Bourne, di Diario di Un Sopravvissuto agli Zombie) ma ci rendiamo conto che un po' di ironia talvolta non guasta. Portare in Italia questa nuova trilogia conferma la nostra voglia di farvi "Leggere differente" ...
"Nella nuova realtà apocalittica le ossessioni di coppia dei protagonisti sembrano scomparire. Alcune però resistono con risvolti esilaranti: solo una donna in costante ricerca del controllo è in grado di notare l'abbinamento di manicure e pedicure di una zombie che sta per divorarla".
Ilaria Danesi - Bigodino.it
Non pensate ad romanzo rosa stile Harmony, non è assolutamente così, non immaginatevi storie d'amore impossibili alla Twilight o tra zombie affamati di sesso. Questa è una storia semplice, che ricorda un po' una commedia alla Miss e Mrs Smith o la Guerra Dei Roses rivisitata in chiave survival - horror.
Il tono irriverente e "leggero" di Finchè Zombie non ci Separi è estremamente diverso da quello angosciante dell'opera di J.L.Bourne, ma se cercate una prospettiva inedita da cui osservare una zombie apocalypse questo è il romanzo che fa per voi." (minuettoexpress.com) .
Pubblicato per la prima volta nel 2010, il libro ha ricevuto ottimi risconti dalla critica e dai lettori; è stato nominato tra i migliori romanzi “Humor” del 2010 dalla più grande community di lettori al mondo, “GoodReads.com” .
Se volete maggiori dettagli sulla trama visitate la pagina Facebook oppure la Scheda sul Sito. Vi Ricordiamo inoltre che per tut to il mese di giugno è valida la promozione del - 25% sul prezzo di copertina (Sia sul libro cartaceo che sul digitale), e se invii la foto della tua copia acquistata via Twitter con #meno25percento ricevi un ebook in omaggio!
SCARICA subito L'ANTEPRIMA e buona lettura!
A giugno promozione su tutti i romanzi e se Twitti ...
Va bene l'estate stenta ad arrivare, ma noi di Multiplayer.it Edizioni ci teniamo a farvi andare in vacanza con una valigia piena dei nostri romanzi.
Giugno è il mese giusto per recuperare qualche pezzo mancante della vostra collezione di romanzi: da Halo a Mass Effect a Gears Of War o l'ultimo capitolo della trilogia di Diario di Un Sopravvissuto agli Zombie...sicrui di averli tutti?
Oppure perché non acquistare qualche novità con lo sconto del 25 % sul prezzo di copertina: Le realtà in gioco, Finché Zombie Non ci Separi o La Profezia del Crepuscolo
In tutte le librerie (o quasi) aderenti alla campagna in tutta Italia troverete i nostri libri contrassegnati da un bollino "#TwittamiMeno25" : oltre alla scontistica applicata al prezzo di copertina significa che vi invitiamo a interagire con noi su Twitter!
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STAR WARS READS DAY - Il 1° GIUGNO AL PANINI STORE!
Lettori di Star Wars unitevi!
Il 1° giugno in occasione del trentennale de IL RITORNO DELLO JEDI, terzo film della trilogia originale di Guerre Stellari, presso il Panini Store di Bologna si svolgerà il primo Star Wars Reads Day Italiano.
Una giornata dedicata all’universo di personaggi creati da George Lucas ed in particolare alle pubblicazioni italiane legate al mondo di Guerre Stellari.
A partire dalle 16:00, grazie alla collaborazione con le rispettive case editrici, al Panini Store troverete un ricco catalogo di fumetti targati PANINI COMICS e romanzi editi da MULTIPLAYER.IT EDIZIONI.
Per l’occasione al Panini Store sarà disponibile anche il romanzo conclusivo della Trilogia di Thrawn di Timothy Zahn “L’ultima Missione”, molto attesa dai fan.
Nelle buie profondità dello spazio, lo Star Destroyer imperiale Chimaera puntò la sua enorme sagoma cuneiforme verso la pallida stella del sistema bersaglio, a tre millesimi di anno luce di distanza.
E si preparò alla battaglia
"Con il suo stile asciutto ma evocativo Zahn firma la conclusione di quella che è, a tutti gli effetti, la migliore e più influente trilogia del'Universo Espanso legato a Star Wars, confermando come la sua comprensione dell'immaginario e dei personaggi creati da George Lucas abbia raggiunto confini prima insospettabili" .
Andrea Porta - Badtaste.it
Inoltre merchandising, giochi e tante altre sorprese, tutte a tema Star Wars e anteprime omaggio dei romanzi dell’Universo Espanso.
Parteciperanno i membri della 501st Legion e della Rebel Legion con i loro splendidi costumi.
Su tutti i fumetti e i romanzi di Guerre Stellari sarà applicato uno sconto del 10%!
Un’occasione da non perdere per conoscere il meraviglioso universo di STAR WARS!
Non vi resta che organizzarvi e raggiungere il PANINI STORE DI BOLOGNA (Via Alfredo testoni, 5 - 40123 - Bologna)
Multiplayer.it Edizioni al Salone del Libro di Torino
Nuova edizione, nuovi propositi...E tante tantissime novità per i nostri lettori!
Stand K142, AREA BOOK TO THE FUTURE, PADIGLIONE 2
Pronti dal 16 al 20 maggio a Torino va in scena una edizione del Salone del Libro e Multiplayer.it Edizioni conferma la sua presenza con una valanga di novità, regali, anteprime e promozioni per tutti i lettori, affezionati e nuovi!
Ecco le novità:
Un’offerta editoriale sempre più ampia: dai libri “videoludici” al filone horror zombie, dalla fantascienza hard core agli esperimenti letterari.
Continua la produzione dei romanzi ispirati dal mondo dei videogiochi e dai grandi brand come Halo, Gears Of War, Mass Effect e Guild Wars: l’ultimo in ordine di arrivo e molto atteso dai numerosi fan arriva per completare la Saga dei PRECURSORI di Greag Bear “Halo Silentium” . Un posto di rilievo nella nuova offerta editoriale è la ricca produzione negli ultimi mesi di Art book da collezione e delle Enciclopedia, tra cui “The Art Of Bioshock Infinite”, “The Art Of Survival – Tomb Raider” e il volume “Assassin’s Creed Encyclopedia”, imperdibile!
Dai libri videoludici agli zombie, il filone horror che Multiplayer.it Edizioni sta portando in libreria scegliendo quanto di nuovo il genere ha ancora da offrire: parliamo della trilogia di Diario di Un Sopravvissuto agli Zombie di J.L. Bourne che ha fatto furore alla scorsa edizione di Lucca Comics & Games e dell’ANTEPRIMA (che verrà regalata a tutti i visitatori) di Finché Zombie non Ci Separi di Jesse Petersen che reinterpreta l’apocalisse zombie in chiave “rosa”.
Grandi manovre anche per la fantascienza post-apocalittica con il rilancio del romanzo di Tullio Avoledo, “Le Radici del Cielo” riedito con una nuova copertina d’autore e nuovo prezzo (Euro 11,90). Sarà venduta in anteprima italiana al Salone Internazionale Del Libro, accompagnato naturalmente dal best seller Metro 2033 e Metro 2034 di Dmitry Glukhovsky e dagli altri libri della saga. A proposito di Glukhovsky troverete l'ultimo romanzo dello scrittore russo, un thriller storico da brivido "La profezia del Crepuscolo" .
Da Tullio Avoledo alla riedizione del romanzo finalista al premio Urania del 2006, parliamo dell’ucronia raccontata in Ph0xGen! di Italo Bonera e Paolo Frusca e del romanzo a fumetti ad esso liberamente ispirato che Multiplayer.it Edizioni pubblicherà ad ottobre 2013.
In regalo per tutti i visitatori un estratto delle due opere :)
Tra gli esperimenti editoriali c’è la raccolta “Le Realtà in gioco, Storie Straordinarie per Vite Ordinarie”, frutto del primo concorso letterario rivolto ai videogiocatori e aspiranti scrittori che raccoglie 33 storie al limite tra la vita reale e le realtà virtuali, cui hanno partecipato importanti esponenti del panorama letterario italiano.
Per tutti coloro che spenderanno un po' più di soldini in regalo un coupon con un codice per il Download gratuito del libro.
E...Non solo libri: ecco chi troverete al nostro stand
Metro Last Light – Il videogioco ambientato nel mondo della Metro di Dmitry Glukhovsky
Grazie alla preziosa collaborazione di Koch Media Italia, all’interno dello stand sarà disponibile una postazione di gioco dedicata al nuovo titolo Metro Last Light, che uscirà il 17 maggio per Pc, PS3 e Xbox 360. Immerso nel mondo dei libri di Dmitry Glukhovsky i lettori potranno vivere dalla pagina al gioco le avventure del giovane protagonista Artyom all’interno dei profondi tunnel della Metropolitana di Mosca.
Star Wars e 501St Italica Garrison: il 18 e 19 maggio le Legioni invadono il Salone.
Ai romanzi dell’Universo Espanso di Star Wars verrà dedicata una splendida area, animata dalla presenza del gruppo della 501ST Italica, presente in Italia dal 2001, e che oggi rappresenta il più grande club di costumi imperiali di Star Wars. Durante il fine settimana sfileranno ed incroceranno le spade laser con il temuto Dart Vader, una statua a dimensione naturale dell’oscuro signore, special guest allo Stand di Multiplayer.it Edizioni. Tanti gli omaggi “letterari” anche in questo caso per i visitatori da “L’erede Dell’Impero” a “Dart Bane Il Sentiero della Distruzione”.
Il Mondo di Dragonero – Sergio Bonelli Editore
Allora? Mancate solo voi!
Vi aspettiamo
Che il quattro maggio sia con voi!
Oggi festeggiamo la giornata mondiale dedicata alla saga di Star Wars con la pubblicazione in anteprima e tutta da leggere dei primi capitoli dell'ultimo libro della trilogia di Timothy Zahn dedicata a Thrawn: "L'Ultima Missione".
"Con il suo stile asciutto ma evocativo, Zahn firma la conclusione di quella che è, a tutti gli effetti, la migliore e più influente trilogia dell’Universo Espanso legato a Star Wars, confermando come la sua comprensione dell’immaginario e dei personaggi creati da George Lucas abbia raggiunto confini prima insospettabili."
Andrea Porta - BadTaste.it
La Trama:
Una Repubblica alle strette cerca di riprendersi dagli attacchi del Grande Ammiraglio Thrawn, che ha schierato i residui delle forze Imperiali e costretto i Ribelli ad arretrare con una tecnologia recuperata dalla fortezza segreta dell’Imperatore: i soldati clone. Mentre Thrawn dispiega il suo assedio finale, Han e Chewbecca cercano con grande fatica di formare una coalizione di contrabbandieri per sferrare un ultimo disperato attacco contro l’Impero. Intanto Leia tiene assieme l’Alleanza e si prepara alla nascita dei suoi gemelli Jedi. Travolta dalle navi e dai cloni agli ordini di Thrawn, la Repubblica ha un’ultima speranza: inviare un piccolo drappello guidato da Luke Skywalker nella roccaforte che ospita le terribili macchine da clonazione di Thrawn. Lì li attende un ultimo grande pericolo, dal momento che il Jedi Oscuro C’baoth dirige la battaglia contro i Ribelli e accumula le forze per terminare ciò che ha iniziato: la distruzione di Luke Skywalker.
Ed ora leggete l'Anterpima e buon 4 maggio!
Il numero 0 di Dragonero - Bonelli e Multiplayer.it Edizioni la strana coppia?
Per chi ci segue sui social, questa cosa non giungerà nuova, ma è con grande piacere che annunciamo l'arrivo del Numero 0 di Dragonero che ufficializza la collaborazione tra Multiplayer.it Edizioni e la storica casa editrice Sergio Bonelli Editore.
Oltre 40 mila copie in regalo a maggio con le spedizioni di Multiplayer.com, nei punti vendita Gamestop ed al Salone Internazionale del Libro di Torino presso lo stand di Multiplayer.it Edizioni all’interno dello spazio dedicato al mondo di Dragonero.
E’ la prima serie fantasy a fumetti di Sergio Bonelli Editore ed arriverà a giugno: Dragonero, creata e scritta da Luca Enoch e Stefano Vietti (e ideata graficamente da Giuseppe Matteoni) porta con se un’aria nuova, un vento di novità che travolge e coinvolge nuovi partner, creando nuove sinergie.
“Comincia una nuova avventura che vi condurrà in un mondo di spade e magia, di intrighi e duelli, di demoni oscuri e sanguinose battaglie. Un mondo di storie dal ritmo mozzafiato, tutte incentrate su Ian Arànill, detto Dragonero!”
Nasce così il progetto del Numero 0, una anticipazione delle tavole del primo numero dell’opera, realizzato grazie alla collaborazione della storica casa editrice di Via Buonarroti e Multiplayer.it Edizioni, nata invece solo nel 2005, da una costola del primo sito italiano specializzato in videogiochi, Multiplayer.it.
Specialisti dell’intrattenimento in forme e modi diversi, l’inedita jont venture consentirà ad entrambi di esplorare nuove realtà e di fare interagire il mondo del fumetto con quello dei videogiocatori. Il volume, infatti, sarà distribuito gratuitamente attraverso parte dei classici canali distributivi dei romanzi di matrice “videoludica” di Multiplayer.it Edizioni: a corredo delle spedizioni di Multiplayer.com, l’e-commerce che in Italia vanta il miglior assortimento di prodotti dedicati all’intrattenimento, in 450 punti vendita Gamestop ed all’evento letterario italiano per eccellenza, il Salone del libro di Torino.
Al Salone Internazionale del Libro al Lingotto Fiere di Torino non solo romanzi e letteratura: il Numero 0 di Dragonero “I mille Volti dell’intrattenimento
Anche quest’anno Multiplayer.it Edizioni conferma la sua presenza al Salone del Libro, presso l’Area Book To the Future, Padiglione 2 (Stand K 142), dal 16 al 20 maggio 2013.
Se il campo dell’editoria libraria risulta al momento il volto più rigido ed ingessato dell’intrattenimento, la presenza di Sergio Bonelli Editore contribuirà di certo ad arricchire le proposte ed i contenuti di questa edizione.
“Dove osano le Idee”, recita il claim della fiera e con questo spirito la casa editrice specializzata in romanzi e saggi vicini al mondo geek - pop contemporaneo ha colto l’occasione per presentare l’intero progetto Dragonero all’esigente pubblico del Salone del Libro.
Gli autori Luca Enoch e Stefano Vietti, assieme al disegnatore Giancarlo Olivares accoglieranno i visitatori in un’area dedicata dello stand con sessioni di autografi e disegno.
Inoltre sabato 18 maggio alle ore 19 ci sarà spazio per il confronto di idee, esperienze e nuovi progetti cross mediali, grazie alla conferenza “I mille Volti dell’intrattenimento: l’esempio Dragonero di Sergio Bonelli Editore”.
La Storia di Nintendo 1983 - 2003 Il terzo volume
"Pochi libri nel mondo dell'intrattenimento videoludico hanno avuto l'ambizione di questa Storia della Nintendo, e finora di sicuro nessuno era riuscito a raggiungere l'obiettivo. Florent Gorges racconta in maniera magistrale la storia della Nintendo: è un ritorno alla gioventù per chi ha vissuto gli anni dal Game & Watch fino al Super Famicom, e un vero e proprio viaggio nel tempo per chi scopre per la prima volta l'età dell'oro dei videogames". Antonio Dini - Il Sole 24 Ore
E' arrivato in tutte le librerie e sui migliori store online l'attesissimo terzo capitolo della mini enciclopedia dedicata all'azienda nipponica Nintendo.
L'ultimo volume, il più bello a detta di molti, frutto delle ricerche del giornalista francese Florent Gorges vi racconterà ogni dettaglio del famoso Famicom, dalla sua ascesa e diffusione in Europa a partire dagli anni '80 ad una dettagliata e puntuale cronologia di tutti i giochi Nintendo/Nes.
Dall'introduzione di Gorges: "Famicom Sedai"
"Appartengo alla generazione degli anni '80, con i suoi cambiamenti culturali profondi: noi abbiamo detto addio ai cowboy e al sogno americano, per dare il benvenuto ai supereroi giapponesi, alla celluloide e ai pixel. NES di Nintendo fu la mia primissima console, acquistata per una bella somma una mattina dell'estate del 1989, con i soldi della paghetta che ero riuscito a mettere da parte per mesi. divenne oggetto di una passione che non ha mai smesso di crescere fino ad oggi, oltre vent'anni dopo".
SCARICA E LEGGI L'ANTEPRIMA - La Storia di Nintendo - Volume 3 oppure SFOGLIA l'album sulla fanpage FACEBOOK di Multiplayer.it Edizioni
Il libro che vanta migliaia di bellissime illustrazioni a colori ED UN CATALOGO NES dettagliatissimo, conta circa 224 pagine ed è in vendita a prezzo di copertina di Euro 17,90.
Tra Le Realtà in gioco quella di Roberto Recchioni: ecco l'anteprima della sua storia!
Get a life (fatte ’na vita) - Un racconto di Asso -
"Sono cresciuto in un mondo in cui essere appassionati di cinema, fumetti e videogiochi era una roba da nerd sfigati. Per arrivare a baciare una ragazza ho dovuto fare affidamento solo sulle mie capacità oratorie, sull’affabulazione e sul raggiro. Ho frequentato la Tana delle Tigri dell’educazione sentimentale e ne sono uscito capace di grandi imprese solo sulla scorta di qualche cazzata e tanta faccia tosta. E nonostante oggi sia diventato tutto molto facile – e a tratti squallidamente prevedibile – una parte di me ancora non si capacita del fatto che io possa piacere a qualcuno".
Tra le storie straordinarie de Le Realtà in Gioco c'è quella di Roberto Recchioni, il noto sceneggiatore di John Doe e Dylan Dog, nonché pungente blogger (DALLA PARTE DI ASSO) attento alle nuove tendenza del mondo dei videogiochi, del cinema e naturalmente del fumetto!
Orfani è il suo nuovo progetto, la prima mini serie a fumetti a colori della Sergio Bonelli Editore, di cui sentirete molto spesso parlare nei prossimi mesi e che verrà presentata in pompa magna a Lucca Comics 2013. C'è veramente tanto delle passioni videoludiche di Recchioni in Orfani che riusciranno a coinvolgervi ed appassionare anche i neofiti del fumetto! Intanto potrete seguirne qualche corposa anticipazione sulla pagina ufficiale Facebook.
… E veniamo a "GET A LIFE" (fatte ’na vita), il racconto che Roberto Recchioni ha scritto per la nostra raccolta "Le Realtà in Gioco - Storie Ordinarie per Vite Straordinarie" .
Se un corto circuito può esserci tra realtà e finzione, Recchioni è sicuramente il personaggio più adatto a descriverlo e raccontarlo con semplicità e disinvoltura.
Quello che segue è il racconto della giornata tipo di uno che bazzica i social network, che ama i videogiochi, che comunemente vive una vita 2.0.
Sorridi ed indignati, ma leggi fino in fondo, ne vale la pena!
Gli appuntamenti per questo weekend: Superflash di Padova, Future Film Festival, Torino Comics
Un calendario ricco di eventi interessanti per i prossimi giorni in diverse città italiane per gli amanti della fantascienza e della fan-fiction d'autore!
Ce n'è per tutti i gusti: da Torino a Bologna a Padova, non c'è da annoiarsi! Partiamo con ordine, ecco dove potrete trovare molte delle nostre collane più belle, con degli ottimi sconti "Fiera" ed eventi culturali per veri amanti della fantascienza!
SUPERFLASH Store di Padova - IL LATO OSCURO DELLA FORZA INVADE PADOVA: GUERRE STELLARI, DAL CINEMA AI LIBRI
13 aprile 2013 dalle ore 17 alle 19
(Dal comunicato stampa Ufficiale)
Sabato 13 aprile dalle 17.00 alle 19.00 un incontro per conoscere la letteratura figlia della trilogia più famosa del mondo
(Padova - 09.04.2013) - L'universo creato da George Lucas è senza dubbio entrato a far parte dell'immaginario collettivo mondiale. I personaggi di Guerre Stellari infatti sono noti a tutti grazie all'incredibile successo di pubblico delle due trilogie cinematografiche, ma anche grazie all'universo espanso figlio di Star Wars: libri, fumetti, cartoons, videogiochi, gadget, giocattoli, abbigliamento... Successo peraltro destinato a crescere ancora di più visto che la Disney ha recentemente iniziato la pre-produzione di Episodio VII, il primo film della nuova trilogia dedicata a Star Wars.
E sabato 13 aprile a partire dalle 17.00 il Superflash Store di Padova (via VIII Febbraio 24 angolo P.zza Cavour) si popolerà della magia e del fascino dell'universo di Guerre Stellari: l'Associazione Culturale Sugarpulp in collaborazione con Empira.it ha organizzato infatti un evento per presentare la celebre Trilogia di Thrawn scritta da Timothy Zahn, recentemente pubblicata da Multiplayer.it Edizioni e finalmente disponibile anche per i lettori italiani.
Giacomo Brunoro e Andrea Andreetta di Sugarpulp, insieme a Marco Puglia e Gabriele Galli di Empira.it (Star Wars Ravenna Fan Club), e a Filippo "Jedifil" e Alessandro "Gunnm" di Yavin 4 (il fan club italiano di Star Wars), presenteranno al pubblico padovano la Trilogia di Thrawn, ambientata cinque anni dopo Il ritorno dello Jedi e universalmente riconosciuta come una delle migliori opere letterarie incentrate sull'universo di Guerre Stellari. All'evento saranno presenti anche veri Stormtrooper e altri personaggi e scenografie del mondo di Star Wars grazie alla collaborazione con Yavin 4 e Empira.it
TORINO COMICS - Sci-Fi Fest & Fantasy EPISODIO V - 19º TORINO COMICS
12, 13 e 14 Aprile 2013 - Torino, Lingotto Fiere (Padiglione 3), dalle 09:30 alle 19:30
Con giochi, attrazioni, costumi, proiezioni esclusive, conferenze ed ospiti molto speciali. Tutte le info ed aggiornamenti del programma sono già disponibili su www.scififest.it, su www.imperialcrownalliance.com/EpisodioV.asp, oppure ancora su www.torinocomics.com.
Come in passato, quest'anno saranno presenti UMBRELLA ITALIAN DIVISION, WAR 3003, JEDI GENERATION, LUDOSPORT COMBAT ACADEMY, BATTLESTAR GALACTICA ITALIAN CLUB, GUNDAM ITALIAN CLUB, BACK TO THE FUTURE MUSEUM e SENTIERI TOLKIENIANI. Presso le varie postazioni saranno disponibili in vendita, a prezzo "SPECIALE" tutte le saghe dei romanzi legati ai vari brand presenti : da quella di S.D. Perry dedicata a Resident Evil a Star Wars a Battlestar Galactica .
FUTURE FILM FESTIVAL- Bologna
12-17 aprile 2013
Il PopUp Store, store ufficiale del festival, ha allestito un fornitissimo bookshop all'interno del Cinema Lumiere, dove avvengono tutte le proiezioni, in concorso e fuoriconcorso. Ampio spazio quest'anno all'animazione di deriva videoludica, e dove ci sono videogiochi, ci sono i nostri libri! Mercoledì 17 aprile, sarà la volta della proiezione du MASS EFFECT PARAGON LOST, ad esempio, e visto che la voglia vien guardando, PopUpStore mette a vostra disposizione anche tutti i libri della bellissima saga fantascientifica dedicata a Mass Effect .
Anteprima della settimana: un estratto del racconto Kosplay
Tra le 33 storie straordinarie di "Le Realtà in Gioco", la raccolta che uscirà ai primi di maggio, c'è il racconto scritto dal bravo ed ormai noto ai nostri lettori Tullio Avoledo.
In un non ben chiaro anno del XXI secolo , Margo, una bellissima ragazzina dai capelli rossi e le gambe lunghe ed una galassia di lentiggini sul viso, si guadagna da vivere facendo il Kosplayer.
Inizia con "Due centoni di tasse abbuonate in cambio di un giro di Pac-Man"…
Cosplay, videogiochi, slang e deriva violenta della società in un evidente omaggio ai capisaldi della fantascienza moderna: ecco gli elementi principali, ma non unici di Kosplay...Leggetelo tutto d'un fiato!
KOSPLAY
Vorrei averla kwi davanti a me kwella stronza ministra di un sakko di anni fa, kwella che diceva a Vatti e agli altri della sua Gehenneration di non essere choosy. Choosy un kazzo. Vorrei vederla kwi lei, seduta su ’sta sedia, mentre la trukkatrice mongola la spalmazza tipo di trukko e dice Sai, io ho fatto il trukko a Lara Kroft. E che fosse l’urLara o una delle sue decinaia di inkarnazioni va’ a saperlo, anche se è poco truffolo sia la Kroftona originale, quella megafiga ke ha bagnato i sogni di un kasino di nerd e nerde ke adesso sono allo Spizio.
Vatti ha tipo kreduto alla ministronza, e ha viaggiato il mondo, al tempo in kui i dinosauri ankora usavano tipo Google azziké Hoogle e Big Steve era più o meno vivo e diceva cose tipo Crescete e moltiplicatevi e stay hungry, stay foolish, e in kwuesto è stato tipo un profeta, perké la fame c’è alla grande e anche la pazzia, perké altrimenti kosa ci farei kwi ai provini notturni per Fallout 3 Reloaded? Uno stomako ke brontola komanda alla grande sul cervello, non c’è lotta, anke se una voce dentro di te kontinua a dirti ke stai facendo una kazzata grossa tipo come il kannello di Pompeo Durhammer.
Vatti ha provato tipo una decina di mestieri prima di trovare kwuello ke l’ha fatto morire: addestratore interinale di Shamu l’Orca allo zoo di Berlino. Klaro ke non era mika tipo l’orca originale, ma tutti sulle kartoline la kiamavano Shamu l’Orca.
Vatti ha lavorato allo zoo tipo dieci giorni prima ke kwella puttana di un’orka lo mangiasse. Cioè, non è ke l’ha mangiato veramente. L’ha tipo morso e inghiottito e sputato, tipo in mezzo minuto. Kwindi non era neanke hungry, la stronza. Hanno scritto sul tabellone una cosa tipo ke La Direzione Si Scusava Per L’Incidente e Offriva Pop Corn Gratis Per Tutti all’Uscita e hanno infilato Vatti in una plastic bag e la plastic bag in un forno e la musika d’organo era tipo registrata e il sakko kon papà dentro è scivolato nelle fiamme tipo varo di una barka come kwella ½affondata a Fiumicino dove vivo io.
Mentre la trukkatrice mi lavora gwardo la tele. Assassin’s Kreed 14, kwello in Cindia, dove Nelson Mandela Kremaster viaggia tipo dietro nel tempo e inkontra Siddartha. Non è un Kosplay. È un gioco-gioco, ma la grafika è fikissima.
Kome ke dici, ke non kapisci?
Se uso l’italiano standard inizio Ventunesimo va meglio?
Sì?
Ne conosco altre quattro: Bimbominkia anni Venti, Ambient, Disneytype e Sparacazzate, che era la lingua ufficiale del Partito del Grande Lekkagnokka.
No, scherzo. Inglese, va bene. Inglese e Bimbominkia. Sarei di madrelingua Bimbominkia, per via di Mamma, appunto, per questo credo si chiami madrelingua, ma la Corporation di Mamma era la Soylent, che è tipo molto attaccata alle tradizioni e preferiva che noi bambini venissimo educati in italiano standard. Però Mamma era una testa dura e così ci ha fatti bilingui, io e i miei fratelli, Tanya e Jericho Echo Echo Echo.
Sì, si chiama proprio così.
La macchina battezzatrice ha chiesto a Vatti, cioè, a Papà, di digitare ancora il nome, ma ogni volta che Papà lo faceva la macchina diceva INPUT ERRATO. Finché, dopo il terzo tentativo, si è mangiata la tessera di Papà e abbiamo dovuto salire tipo sei piani di scale e far battezzare mio fratello a mano. Quelli manco sapevano come fare. Vivevano in un posto sporco e puzzolentissimo, uno degli uffici di una volta dove stanno ancora gli impiegati umani, mentre al piano di sotto ci sono quei bei saloni di plastimarmo luccicante, con le macchine tipo d’oro e cromate. Gli impiegati vivono ai piani alti, dove non arriva più la corrente. Dormono nei loro uffici di una volta, e scrivono con la matita su fogli di carta. Hanno delle cose rotonde chiamate timbri. Prendono il timbro, aprono una scatoletta bassa dove c’è una specie di cuscino nero umido, appoggiano il timbro sul cuscino e poi lo schiacciano su un foglio di carta così vecchio che è giallo invece che bianco. Dopo mettono il foglio in un contenitore tenuto insieme con lo scotch e ti dicono felicitazioni, signori. E così Jericho Echo Echo Echo comincia il suo meraviglioso viaggio nella nostra Democrazia Sostenibile. In mezzo all’odore di cavoli bolliti e calzetti bagnati. O viceversa. Cavoli bagnati e calzetti bolliti.
Invece io e Tanya siamo state battezzate a macchina.
Una volta il battesimo era una cosa che si faceva in chiesa, ma adesso lo fa lo Stato, tipo in subappalto. La Chiesa fa tipo i matrimoni, i funerali e tutto quello che ci sta in mezzo, ma non il battesimo, perché quello è il momento in cui lo Stato ti controlla i cromosomi, e se ti dice male vai nello Scarico, per cui la Chiesa ha detto che in questa cosa non ci vuole entrare, e semmai i bambini vengono ancora a lei, ma dopo.
Io dovevo chiamarmi Jeep, per via di una sponsorizzazione che c’era quando sono nata, ma poi l’offerta è scaduta e allora papà ha optato per Fanoni, che è il nome dei denti della balena. Papà è sempre stato fissato con i cetacei, e penso che perciò sia molto ironico che proprio un cetaceo l’abbia spedito nella grande discarica celeste. Credo però che la fissa del nome Jeep gli sia rimasta, perché se prendi le iniziali dei quattro nomi di Jericho Echo Echo Echo vedi che viene fuori JEEE.
Mamma stava ancora smaltendo i postumi della festa di benvenuto alle emorroidi, quando Papà le ha detto come mi aveva battezzato. Gli ha tirato dietro una bottiglia mezza piena di Ron Chavez Aniversario. Per fortuna era di plastica. Papà ha svitato il tappo, si è fatto un sorso e poi ha proposto a Mamma, ancora sderenata e tutta sottosopra per il parto, di fare a metà col nome. In pratica, poteva aggiungere cosa voleva, prima o dopo il nome Fanoni.
Mamma, per dispetto, ha scelto Margherita, che è tipo il nome di una qualche nonna che lei aveva avuto una volta. I Bimbominkia hanno di queste ricadute sentimentali.
Se uno adesso mi chiama Fanoni, tipo, gli infilo lo stivale in gola. Con tutta la gamba dietro.
Se mi chiama Margherita, l’altro stivale.
Margherita Fanoni: due stivali due, con un salto tipo Brucelee Reeves.
Chiamatemi Margo.
È il nome che mi sono scelta.
Il mio nome da Kosplayer.
L’ho usato la prima volta a sedici anni, quando dovevo saldare il debito delle tasse scolastiche, e ho giocato un livello di Pac-Man.
Prima di entrare nell’arena il Censore mi ha chiesto:
Nome e Cognome?
E io: Margo.
Margo e poi cosa?
Margo e basta.
E lui ha tippato sul suo pad le parole: Nome: MARGO – Cognome: EBASTA.
Manco fossi una testariccia bantù, invece di una rossa con tipo due galassie di lentiggini sulle guance.
Poi lui si inginocchia, perché all’epoca ero alta un metro e un cazzo per via dello sviluppo ritardato, e mi fa: Allora, signorina Ebasta, adesso tu ti infili in quel bel costumino da ciliegia, entri in quel tunnel e cominci a correre.
Corro e basta?
Lui mi ha guardato un attimo perplesso, poi ha detto: Beh, sì.
Io da Mamma, oltre che il pelo rosso e la pelle di latte, ho preso anche le gambe lunghe, lunghissime. Ero più gambe che altro, da bambina. Di sicuro non avevo cervello. Due centoni di tasse abbuonate in cambio di un giro di Pac-Man. Un vero affare.
Sì, come no.
Ho capito che non era per niente un affare quando sono saltata fuori dal tunnel e mi sono trovata nel corridoio nero del gioco. C’erano file di lucine piccole piccole proiettate a mezz’aria, e le pareti sembravano tipo velluto nero. Io ero vestita da ciliegia, e il costume mi impediva parecchio i movimenti. Me l’avevano detto, ma non pensavo fosse così lento.
Ho cominciato a muovermi. Cioè, a provarci.
Il Censore mi aveva spiegato che il costume biometrico mi permetteva di fare passi solo di una certa misura, e un tot di passi al minuto. Perciò dovevo stare attenta alla direzione che sceglievo, perché se sbagliavo e incocciavo nel Pac-Man, allora erano guai.
Che tipo di guai?
Facile. L’ho scoperto meno di un minuto dopo, quando una ciliegia come me è apparsa all’incrocio del corridoio. Si muoveva normale, ma ho visto gli occhi del Kosplayer dentro il costume, un cinese giovane coi brufoli. Gli occhi erano grandi come piattini, dilatati dalla paura.
Dev’essere terribile, ho pensato, provare a correre e trovarsi bloccato nel costume, che ti costringe ad andare al suo passo, con quell’andatura scanzonata e ignara.
Ignara di cosa?
Beh, ma del Pac-Man, no?
Il bionte giallo alto tre metri apparve alle spalle della ciliegia. Mosso dai suoi algoritmi di intercettazione spalancò la bocca, scattò in avanti e trangugiò il cinese in un boccone.
Tutto qui: un attimo prima c’era, e un attimo dopo non c’era più.
Niente schizzi di sangue, o plastiche in frantumi. Il bionte ingurgita tutto nel suo ventre a fusione e rilascia energia nella griglia: un processo pulito e immediato. Così un disoccupato si trasforma in energia, con un jingle allegro.
Poi Pac-Man cambia direzione e si volta verso di me. Guardo le palline luminose sparire nella sua bocca che si apre e si chiude. Decidendo d’istinto, scatto a sinistra. Mossa sbagliata, direbbe chiunque. Immagino che lo stia pensando anche il Giocatore che muove il mostro. Ma io con la coda dell’occhio ho appena visto un grappolo d’uva passare in uno dei corridoi laterali. Era a destra, ma se il mio prodigioso QI non mi inganna…
Bingo!
Pac-Man si accorge del bersaglio viola, che vale 1.000 punti contro i miseri 150 della mia ciliegia. Punta immediatamente in quella direzione, lasciandomi libera di scappare.
Una volta un hacker, che cercava di impressionarmi perché glielo facessi infilare nella mia ciccina adolescente, mi ha detto tipo che a questo mondo nessuno è davvero sicuro: tutto quello che puoi fare per salvarti è essere un po’ più sicuro del tuo vicino. Questo vale per la pirateria informatica come per la vita in genere. Così, invece di cadere nel panico e mettermi a correre come una scema in giro per il labirinto nero, ho cercato di immaginare dove potevano stare i bersagli più appetibili per il Pac-Man, e me lo sono tirato dietro fino a portarlo a tiro degli sfigati. Mentre il Pac mangiava, io svicolavo via, verso nuove e più grandi avventure.
Adieu ananas.
Adiós banana.
La fine del livello è arrivata con un colpo di gong in sensorround.
Ce l’avevo fatta.
Sei brava, per essere una dilettante, si complimentò il Censore, posando il pollice sul mio pad e autorizzando l’accredito dei 200 buoni. Se te la senti, fra un paio d’ore abbiamo un livello 33.
No, grazie.
Perché no? Ti muovi bene. Ho visto che partita hai fatto. Sei tosta.
Appunto perché sono tosta ti faccio marameo e telo via.
Il corregidor mi segnala che “telare” è un verbo anacronistico. Vuol dire che non si usava più nell’italiano standard inizio Ventunesimo. Faceva parte dei subgerghi temporanei di qualche minoranza del Ventesimo. Okay, Hokkaido, ogni tanto mi trampo, è normal, naw? Quando per risparmiare i tuoi genidatori ti fanno impiantare database di seconda mente, è normale che ci scappi un errore qua e là, kwa e law, quack quack. Buchi e voraginose voragini nella mia educazione, ahimé.
Per festeggiare, quel primo giorno da Kosplayer, esco dal Kolosseo e spendo 50 buoni per un aerotaxi. So che non dovrei, ma si vive una volta sola. Il pilota è tipo un figo con tanto di giubbotto da aviatore in plastipelle. Si infila le scarpe da decollo, mi fa salire sul sedile dietro, e poi solleva l’ultraleggero come se fosse una ciambella salvagente e comincia a correre lungo la strada, gridando PISTA, PISTA, PISTA, come una formula magica per trasformare la strada in una pista, immagino. Un carretto di paglia si schiva all’ultimo momento, e così anche un branco di bambini che giocano a palla avvelenata. Saltano indietro e da tutte le parti, urlando. Un centurione con la cresta punk mi minaccia con la spada di plastica. I turisti indiani scattano holo ridendo.
Il pilota sbuffa, corre, sbuffa.
Poi un ultimo colpo con le scarpe potenziate, un salto di cinque metri e l’aereo è in aria.
Ho lo stomaco sottosopra per via dei rimbalzi, ma il momento in cui l’aereo si stabilizza e prende quota, spinto dall’energia cinetica accumulata, è sempre un momento magico. Dico sempre per fare la granfika, ma è solo la seconda volta nella mia vita che salgo su un aerotaxi.
È bello guardare la città dall’alto. Il grande raccordo anulare, col suo traffico di camion e bus a metano che sembrano grandi balene dipinte coi loghi delle compagnie. Le superstrade del popolo, dove solo i VIP e i funzionari del Partito della Gioia possono andare. Guardo le loro auto scivolare come squali sull’asfalto liscio, cento metri sotto di noi.
“Tutto il mondo è un acquario, e noi siamo il mangime”, dice il Poeta. O qualcosa del genere.
Volare è la cosa più simile al sesso che conosco.
Ma il sesso è meglio.
Tra un articolo originale e una cosa che gli assomiglia scegliete sempre l’articolo originale. Credetemi.
L’aerotaxi planò sul ponte posteriore dei Kosta Kondo, e dieci minuti dopo il tassista stava planando sul mio ponte anteriore. Mettersi d’accordo sullo sconto era stata questione di un attimo. Eravamo tutti e due infoiati a mille. Io per via dei 200 buoni e dell’aver schivato per una manciata d’attimi la bocca del Pac-Man, lui… Beh, lui un po’ per via dello sforzo fatto per portarmi lì, ma soprattutto, non per vantarmi, per il fatto che nessun essere umano dai quattordici ai trecento anni può resistere al richiamo del mio corpo. Dico sul serio. Sono piccola ma tosta. Dicono che il mio punto di forza sono gli occhi. Ma anche il resto non è niente male. Ed è tutta (beh, quasi tutta) roba mia.
Prima di scoparmi, il tassista mi chiese (che carino) se doveva farsi una doccia. Ma a me piaceva così. Sudato e lustro per lo sforzo. Con i muscoli duri come il marmo. Non solo quelli superottimizzati delle gambe. Gli spruzzai il preservativo sul cazzo, dritto in verticale come un atleta ginnico o un soldato sull’attenti.
Aveva tecnica, questo non si discute. Mi portò al primo orgasmo tipo in quattro minuti, e al secondo sedici spinte dopo. Venimmo insieme, con effetti speciali tipo fuochi d’artificio.
Uscì da me vincendo la mia resistenza. Avrei voluto tenerlo dentro di me per un mese o due, come un’ostrica intorno al pilone di un molo. Si scusò, dicendo che aveva una corsa urgente per l’aeroporto. Le chiamano ancora “corse”, invece che volo.
Quando il ragazzo fu uscito (in tutti in sensi, ahimé) presi possesso mentale del mio Lebensraum: otto metri quadri sul ponte di seconda classe, con oblò. Okay, Hokkaido, l’oblò guarda sull’acqua sedici metri più in basso, dato che la Kosta Kondo, come la chiamano tutti, si è arenata su un fianco, con un angolo di dodici gradi. Qui tutto è storto, e la chiusura e apertura delle porte è un problema. Ma i pavimenti in legno applicati sghembi su quelli veri rimettono le cose abbastanza a posto, se uno non si fa prendere dalla nausea. I Kosta Kondo sono un’alternativa economica (beh, relativamente economica) ai terraflat. Finché dura, non è una brutta sistemazione.
Li chiamano Kosta Kondo per via di un disastro navale di uno ziliardo di anni fa. C’è un Kosta Kondo, o anche più di uno, davanti a ogni grande città. Sono navi in disarmo, credo si dica così. Non tutte sono affondate, ma prima o poi lo saranno. Al largo di New New York mi pare ce se sono tipo 20, e una è una portaerei. Ci abitava Tanya, prima di morire. Il suo flat l’ha ereditato Jeee. Lavora come barista a SubLowerManhattan e si fa un sacco di figa fresca ogni giorno, almeno a sentire lui. Ha sedici anni, e il cervello di una rana. Nel senso che è selettivo. Le rane sembra che vedano solo quello che mangiano, tipo mosche e zanzare. Tutto il resto non se lo cagano manco di striscio, come se non lo vedessero proprio. Jericho Echo Echo Echo è così con la passera. Vede solo quella. Per il suo Quindicesimo, quando è diventato maggiorenne, mi ha mandato un vid parecchio interessante. C’erano cinque sue vicine di flat che gli avevano organizzato questa festa di compleanno, dove una dopo l’altra gli leccavano il cazzo, e poi si facevano fare, e alla fine, quando lui sborrava in bocca alla più figa delle cinque, lei poi passava un po’ di sborra a ognuna delle altre, come una specie di comunione del cazzo, ahahah, bella battuta.
Adesso il mio fratellino ha sedici anni, e per quello che ne capisco non arriverà ai venti, mi sa. Non col suo stile di vita e le endemìe di NNY.
Avevo anch’io sedici anni quel giorno, quando giocai il mio primo livello di Pac-Man. E guadagnai i miei primi 200 buoni da Kosplayer. E mi presi il trivax dal tassista. Ragazze (e ragazzi, ovviamente), quando spruzzate il preserv sul cazzo del vostro amante, accertatevi che la bomboletta non sia scaduta.
Me ne costò 2000, di buoni, curarmi il trivax, e solo perché lo feci fare da un medico albanese, di quelli che non fanno domande e se gliele fai non rispondono.
Ovviamente, per trovare i 2000 buoni, dovetti giocare ancora.
Di anni ne ho quattro di più, e vivo ancora ai Kosta Kondo, che in questo tempo si sono inclinati solo di un grado. I pavimenti sono di nuovo storti, ma ormai ci ho fatto l’abitudine.
Ho vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che è la più bella età della vita. Il fatto è che come giocatrice di Kosplay non ho molte probabilità di arrivare ai trenta, e nemmeno ai venticinque. Volete sapere esattamente quante probabilità?
Tre su dieci di arrivare ai ventuno.
Una su dieci per i venticinque.
E questo se uno è dannatamente bravo.
Da lì in poi ci muoviamo nei campi della fede. Ho sentito di Kosplayer arrivati addirittura a trentatre anni, che è l’età in cui devi smettere e i Videocrati ti regalano un ciondolo di legno vero, e una pensione e un flat da qualche parte nel sesto mondo.
Ma sinora non ho incontrato nessuno che l’abbia ricevuto davvero, quel ciondolo.
Solo perché se ne parla, non vuol dire che una cosa sia vera.
Comunque questo è quanto: venti e non più venti. Quindi la morale è: fattela piacere, questa schifa età. Non ne avrai altre.
Penso a questo, e a tante altre cose, mentre la truccatrice mongola finisce di prepararmi per il provino di Fallout 3 Reloaded. Deve truccarmi da ghoul, cioè da vittima delle radiazioni. Una specie di zombie che però parla normalmente e non si rende neanche conto di sembrare un mostro. Tipo Moira Brown nel game originale, ma solo tipo, perché in questo reboot non ci sono grossi personaggi femminili. Per dire, avrò tipo cinque battute.
So che non è Lara Croft, Nicole Brennan o neanche Eliza Cassan o Sheba Varnadze, ma è comunque un lavoro. Non è che ci siano tanti ruoli femminili, nel Kosplaying. Qualche volta ho dovuto recitare vestita da maschio. Mi ricordo una partita di Napoleon Total War. Quella volta l’ho scampata per un soffio. Truccata con un paio di baffoni stavo in fila assieme ad altri duecento Kosplayer. Eravamo un reggimento della guardia. Davanti a noi c’erano tipo i Prussiani del generale Blucher, o qualcosa del genere. Era un fottuto ruolo da comparsa. Neanche una battuta. Dovevo solo camminare e marciare, e sparare quand’era il momento. Era proprio quello, il problema. Quello stronzo che ci comandava non si decideva a ordinarci di sparare. E se lui non dava l’ordine, non potevamo sparare. I nostri costumi biometrici ci impedivano di farlo.
Cominciavo a pensare che quell’idiota che giocava la partita si era dimenticato del nostro reggimento. Magari in quel momento era concentrato nel muovere quel cazzo di cavalleria che stava caricando i Prussiani sul fianco, e di noi si era scordato, o magari si stava sparando una sega. Era la terza volta che i fucilieri duecento metri davanti a noi ricaricavano e sparavano. Per la terza volta il Kosplayer alla mia sinistra era caduto. All’ultimo era esplosa la testa. Appena il Kosplayer cadeva una subroutine automatica ne spostava un altro a prenderne il posto. “Ranghi serrati!”, urlava ogni volta il sergente.
Eravamo a meno di cento metri dalle file nemiche, e continuavamo a venire avanti tipo come bersagli, quando finalmente ricevemmo l’ordine di sparare. Stavo per farlo, quando i fucili del nemico esplosero in una nuvola di fumo, e l’ultima raffica ci falciò come mosche.
Mi beccai una pallottola alla spalla, e caddi giù distesa, facendomi calpestare dagli altri Kosplayer che andavano a morire.
Mi diedero il culo di porpora, che è una medaglia di plastica dorata, e 1000 buoni extra.
Un medico mi curò la ferita in un ospedale da campo del gioco. Era un altro elemento della ricostruzione Kosplay. Mi andò bene che non ci fu bisogno di amputare. Dietro il tavolo del chirurgo c’era un mastello di legno pieno fino all’orlo di gambe e braccia segate, e una fila di almeno sedici cadaveri impilati come legna da ardere.
Il Kosplaying non è un lavoro facile.
Ma è comunque un lavoro.
Chiedetelo a Vatti, se il suo lavoro era meglio.
Vi piacerebbe avere come referenza “cibo per orche”?
La truccatrice finisce di applicare l’ultima pustola. Devo dire che è in gamba. Non ci credo nemmeno per un attimo che ha fatto il trucco a Lara Croft. Le extraunionarie sono delle bugiarde nate. Però ha una mano niente male.
Butto in aria un po’ di polvere-specchio. Notevole.
Pustole realistiche, occhiaie da zombie, colorito da pesce marcio. Semplicemente perfetto.
L’altoparlante gracchia il mio nome, storpiandolo come al solito.
Scatto su dallo sgabello, e sono già nel personaggio.
Le scenog di questo game sono davvero fighe. Sembrano vere, città in lontananza comprese. Gli holo sono impeccabili. Sento che dietro c’è la mano di uno screenwizard di HolyBolywood. E siamo solo alla versione beta: il gioco comincia la settimana prossima. Siamo ancora ai provini.
Lo so cosa state pensando. Che bisogna essere matti per prendere parte a un gioco in cui le probabilità di sopravvivenza sono quelle di un fiocco di neve all’inferno. Ma è tutto il business del Kosplay che succhia. Migliaia di giocatori che muoiono ogni giorno, in tutto il mondo, per il divertimento di pochi. Perché le nostre partite non vengono trasmesse. O registrate. Sono come quelle partite con gli scacchi giganti che facevano in quella città, una volta. Solo che non c’è il pubblico. Ci sono soltanto i due giocatori, seduti alle consolle, e sono loro due a muovere le pedine, che saremmo noi Kosplayer.
Uno si chiede che senso abbia una roba del genere.
Okay Hokkaido, mi rispondi tu, guarda che i giochi gladiatori ci sono sempre stati. Si sono solo evoluti, dekaffeinati, civilizzati. Così sono finiti i tempi in cui la gente si sbudellava con le spade e i forconi, e siamo passati alle corse automobilistiche a 300 all’ora e al pugilato e ad altre cose del genere. E siamo andati avanti così per secoli. Certo, i gladiatori, quelli veri, non sono mai spariti davvero. Gente che combatteva e si spaccava a pugni nudi, o che si ammazzava in qualche altro modo creativo per divertire gli altri. Solo che era una cosa clandestina, fuorilegge.
E poi è arrivato il Kosplay.
Nel momento in cui i videogame sono arrivati al livello massimo di realismo, e non potevi distinguere un personaggio ammazzato da un morto vero, qualcuno ha avuto l’idea di ricostruire i giochi con persone reali. E non l’ha fatto di nascosto. Macché. L’ha reso un business planetario, con tanto di avvisi di reclutamento online e negli uffici di collocamento. All’inizio erano giochi dove ti facevi poco male, al massimo un paio di costole rotte. In certe corpocrazie tipo Dai Nippon e Aztlan i figuranti agli inizi erano carcerati per reati comuni, o dissidenti politici. C’erano dei precedenti: all’inizio del millennio, in Cina, migliaia di prigionieri venivano costretti a giocare ai MMORPG anche per 20 ore di seguito, per procurarsi oggetti virtuali che poi venivano venduti in rete a giocatori troppo pigri per sbloccare gli oggetti a forza di ore di gioco.
L’inizio del Kosplaying era tutto lì.
Dove non era il caso di utilizzare prigionieri (ad esempio nella nostra Democrazia Sostenibile) non mancavano comunque i volontari. I cosplayer dei giochi on line erano migliaia. Quasi tutti accolsero con entusiasmo la novità del gioco.
All’inizio, per i primi anni, le cose sono andate lisce.
Ma poi il gioco ha cambiato le regole d’ingaggio.
Il primo Kosplayer morto non ha un nome. O meglio, nessuno se lo ricorda.
Successe durante una partita di Call of Duty: Siberian Counterstrike.
Uno dei giocatori, annoiato della partita, fece voltare uno dei suoi Kosplayer. Erano armati di fucili taser, di quelli che ti stendono con una scarica ammazzabuoi ma che poi ti fanno riprendere in pochi minuti.
Questo se spari dalla distanza giusta.
Ma il Kosplayer mosso dal giocatore annoiato si voltò verso i suoi compagni di squadra e sparò loro in faccia a meno di due metri.
Così almeno racconta radio Kospa, il samiszdat omeo che gira tra la truppa dei figuranti.
Tre uomini e una donna rimasero ustionati. Uno morì, con la faccia ridotta a una pizza bruciata. Girano foto, di quella faccia. Nessuno sa se sono vere o meno. Ma girano. Come ci girano le balle all’idea che quel coglione che ha sparato ha trasformato un gioco di ruolo in un massacro.
Quello che all’origine era stato un incidente, l’effetto di una molecola impazzita, diventò tipo un moto browniano, e poi una moda. Gli uffici legali di tutto il mondo ebbero un picco di lavoro, ma nel giro di un mese i nuovi contratti di Kosplaying erano pronti, e tra i giocatori e le assicurazioni si era trovata un’intesa soddisfacente.
Come dite? Se ai Kosplayers chiesero qualcosa? Nahw, macché. La Videocrazia dominante si basa sull’idea dell’accesso totale alle informazioni sui media. Sono lì, basta prenderle. Se uno non lo fa e preferisce i porno 3D o le telenovela cambogiane alla gazzetta ufficiale sono cazzi suoi.
Non esistono dati sulle perdite di Kosplayer. Personalmente avrò visto morire almeno tremila figuranti. Ma può darsi che siano solo una goccia d’acqua nel mare. Nessuno sa quante partite si svolgono, in questo momento. Viene da chiedersi come cazzo fanno a trovare il tempo di giocare, i nostri amati governanti. È vero che non ci sono più guerre, e che il Kosplay calma la loro frustrazione e funge tipo da surrogato per i conflitti veri. Ma non hanno niente di meglio da fare?
C’è chi dice che non sarebbero i Patroni della Videocrazia a giocare, ma i loro figli e nipoti. In effetti questo spiegherebbe la crudeltà e l’insensatezza di certe azioni, che hanno fatto meritare al gioco la “K” iniziale. Il poeta elisabettiano Philip Sidney scrisse qualcosa tipo che gli esseri umani sono come palline da tennis lanciate dalla racchetta degli dei. Come lo so? Perché ho interpretato la veggente Giokasta nel reload di Secret of the Templars III. Una delle sue battute diceva proprio questa cosa, delle palline da tennis. Anche l’idea che siamo pedine in mano al destino è vecchia come il mondo. È solo che adesso è da prendere alla lettera. E che il destino sono i Patroni. Sponsorizzano grandi cose, è vero, tipo la bonifica delle favela di Bergamo o la metropolitana Milano-Roma, ma puoi scommetterci che non è filantropia. Hanno sempre il loro tornaconto. Non subito, magari, ma prima o poi il denaro che scuciono torna nelle loro tasche, moltiplicato di parecchie volte. Non è che quando c’erano ancora gli Stati le cose andassero meglio. Rubare era solo un po’ più complicato.
Ma basta pensare.
Muovi il culo, Kosplayer.
“Una giornata nel Kosplaying è una giornata al Grand Hotel. Ogni pranzo è un banchetto…”
Quando entro nella scenog rimango senza parole.
Tutto è così preciso. Sembra di essere davvero in un deserto postatomico, tipo vicino alla centrale di Beauvais. La città di Megaton sembra reale: le baracche di lamiera precariamente abbarbicate ai bordi del cratere, le pericolanti insegne luminose, le passerelle di ferro arrugginito.
C’è un figurante uguale, ma proprio uguale, allo sceriffo Lucas. Scuote la testa, guardando gli adoratori della bomba inginocchiati nell’acqua stagnante, tutti intorno all’ordigno nucleare inesploso. Poi mi vede e sale la collina, venendo verso di me.
Ho quattro battute quattro, in questo reload. Interpreto un personaggio che nella versione originale non c’era. È stato pensato per i giocatori di sesso femminile. Non ce ne sono molte, ma qualcuna evidentemente c’è.
Lo sceriffo Lucas è un nero di bell’aspetto, sulla quarantina. Cammina con una scioltezza fantastica. Sto pensando che non mi spiacerebbe farmi ingrassare la pagnottella da lui, quando pronuncia la sua prima battuta.
“Ehi, straniera. Da dove vieni? Cosa ti porta a Megaton?”
A questo punto il Giocatore ha diverse opzioni di risposta. Il Kosplayer invece non ne ha nessuna, dato che deve limitarsi a pronunciare le parole che il Giocatore gli fa apparire davanti agli occhi.
“Vengo in pace. Ho solo bisogno di riposare un po’”.
“Daniel Simmons ha tirato le cuoia, due giorni fa. Puoi prenderti la sua capanna, se vuoi”.
“Splendido. Sei davvero gentile”.
“Dovere, madame”, fa lui, con un inchino che mi fa sciogliere come il burro.
“Però non ho le chiavi”.
Che battute del cazzo. Sembra l’inizio di un porno 4D.
“Qui a Megaton non chiudiamo le porte a chiave, madame”.
Anche se la parola la pronuncia all’inglese, quel “madame” modulato dalla sua voce ben impostata è tipo un invito a letto per direttissima.
“STOOOP!”, urla una voce da arpia, in alto. Solo che è stata una donna a urlare, e che è tutt’altro che un’arpia. Ha solo la gola secca, credo.
È piccola, bruna. Scende dal suo sgabello alto tre metri e viene verso di me, muovendo il bacino in un modo che mi fa quasi star male, per quanto è sensuale.
Jessica Ormond Bigelow Sackville Welles, c’è scritto sulla sua sedia da regista (casomai si dimenticasse chi è).
È chiaramente un nome d’arte, dato che i suoi geni sono un misto asiatico-messicano.
Tutti i registi, nel campo del Kosplay, hanno i primi quattro nomi che formano l’acronimo JOBS. È così da quando è uscito quel game dove Big Steve, il boss della Apple, resuscita che è tipo uno zombie e vive nella torre campanaria di Notre Dame a Parigi e progetta macchine incredibili e giochi crudeli dove muoiono persone vere. Così, dicevo, tutti i registi di Kosplay hanno JOBS come iniziali dei nomi. Non si sa chi è stato il primo, ma ormai è così per tutti. È una specie di club identitario, come quello dei finti Huroni e dei commercialisti tossici.
Di sicuro la piccoletta ha in realtà un nome etno, tipo Conchita o Carmen.
Anche se, da come si comporta, una serie di nomi di grandi dittatori del passato sarebbe più giusta.
“Chi cazzo ha scritto questo copione di merda?”
“La NeuBeth…”, balbetta un’assistente di studio, rossa in faccia come un peperone.
“Rimandateglielo indietro. Non posso girare una scena con battute del genere. Capito? Non, punto, posso, punto”.
Poi si volta verso di me. Non sorride, ma gli occhi sono caldi.
“Sei carina. Sei brava. Hai mai avuto un ruolo di prima fila? Hai cicatrici? Verresti a letto con me? Rispondimi subito. Non necessariamente nell’ordine”.
Due ore dopo siamo a letto insieme, nel suo flat romano tipo New New York, con vista sul Circeo e un buonissimo odore di macchia mediterranea. Anche se il panorama è solo un ologramma, e il profumo dev’essere artificiale, l’illusione è perfetta.
La camera è grande, fresca. Il letto enorme, con lenzuola di stoffa vera.
Jessica Ormond Bigelow Sackville Welles è entrata vestita solo di una vestaglietta di seta. Ha sorriso, immagino vedendo che sedevo abbastanza rigida sul bordo del letto e non mi ero tolta i vestiti. Ci ha pensato lei. Ha posato le dita lunghe e affusolate, leggere come farfalle, sulla zip della tuta, e l’ha tirata lentamente giù, lasciando liberi i seni. Li ha baciati a lungo, facendomi indurire i capezzoli. Poi ha tirato ancora un po’ più giù la lampo e mi ha leccato l’ombelico.
E poi ancora più giù.
Mi ha rovesciato indietro sul letto. Si è allungata su di me, chiedendomi sottovoce di toglierle la vestaglia. La seta ha fatto un rumore sensuale scivolando sulla sua pelle nuda e abbronzata, sul bel culetto tonico che si muoveva mentre lei strofinava il suo pube sul mio, e la sensazione di quei peli cortissimi sulla mia pelle era un’estasi. Ero carica come una molla, pronta ad esplodere. L’ho accarezzata, era incredibilmente liscia. I suoi seni si strofinavano contro i miei, e mi sembrava impossibile che i nostri corpi potessero aderire così bene, nonostante la differenza di statura. Il fatto è che fra le lenzuola Jessica non sembrava più così piccola. Era tipo come se fossimo alte uguali.
Aveva mani esperte. Un sacco esperte. Non era la mia prima volta con una donna, ma è stata di sicuro la più soddisfacente. Era come se le sue dita fossero collegate in presa diretta con il mio desiderio. Non c’era bisogno di dire Toccami più giù o non ti muovere da lì. Il suo corpo rispondeva al mio come due strumenti bene accordati, componendo una sinfonia di piacere che sembrava non finire mai.
Non so quanto tempo fosse passato quando lei smise di toccarmi e si stese accanto a me. Io ero madida di sudore, lei fresca come una rosa. Nella finestra-ologramma, il sole al tramonto bagnava il promontorio in una luce dorata.
Sorridendo, Jessica passò lentamente l’indice sulle mie cosce, sui fianchi, sulla curva del seno. Stuzzicò il capezzolo, lo fece diventare duro, prima di scendere di nuovo sui fianchi, sulle natiche.
Poi il dito premette contro il buco del mio culo. Senza violenza, ma senza nemmeno rallentare, mi s’infilò per intero nel sedere. Jessica lo mosse lentamente, voluttuosamente.
“Sei stata brava”, sussurrò baciandomi. Tolse di scatto il dito dal mio culo, facendomi male. Poi, forzando le mie labbra, me lo mise in bocca. “Leccalo”, ordinò.
Obbedii.
Sorrise. La pelle intorno agli occhi non si distese. Mantenne una rigidità innaturale. Come se i muscoli reagissero in ritardo.
Fu allora che capii che la sua giovinezza era solo un’illusione. I minuscoli segnali lasciati dalla chirurgia rivelavano la verità.
Tolse il dito dalle mie labbra.
In bocca avevo il sapore della mia merda.
Mi carezzò la guancia, teneramente.
Con l’altra mano mi graffiò il seno.
Poi, prima che potessi accennare una qualsiasi reazione, saltò giù dal letto con un’agilità che faceva pensare a muscoli potenziati da un miurgo di grido.
“Stronza!”, gridò, con gli occhi che luccicavano nel buio, modificati anch’essi dalla chirurgia estetica. “Mi fai rabbia!”, sibilò scivolando nuda lungo la parete, muovendosi a scatti: ora veloce, ora lenta. Con una mancanza di ritmo che mi faceva perdere concentrazione, come un ipnotismo. “Mi fai pena!”, aggiunse, scattando verso il letto e afferrandomi per le spalle.
Mi scosse due, tre volte. Le mani che poco prima mi avevano accarezzato ora stringevano come morse, facevano male.
Aveva gli occhi gonfi di lacrime.
Mi scaraventò contro la testiera del letto. I cuscini morbidi attutirono l’impatto. L’ologramma del golfo scivolava verso la notte. Il promontorio si riempiva di luci, e altre luci si accendevano nel cielo, luminose come le lacrime di Jessica.
Rimase immobile, in ginocchio sul letto, ansimando, ma non per lo sforzo. Era come se lottasse con un animale dentro di lei.
La guardavo senza capire.
Teneva la testa china, i capelli le mascheravano gli occhi, come in un horror subcoreano del cazzo.
Poi dalle sue labbra invisibili uscirono delle parole.
Dovetti tendere l’orecchio, per capirle.
Fu una cosa tipo monologo in un vecchiofilm, se capite cosa voglio dire.
Parlava, e sembrava non fare caso se l’ascoltavo o meno.
Parlava di me.
“Mi chiedo come fate a sentirvi vivi. Come fate a dire che siete umani, quando vi lasciate usare come materiale da costruzione. Siete legno, pietra. Siete carne che viene mangiata e cagata. E dimenticata. Siete i pezzi di un fottutissimo gioco di scacchi. Vi fate scannare a migliaia ogni giorno per il piacere dei vostri padroni. E fate la fila per avere un posto nel massacro. Siete voi a mandare avanti questo orrore”.
Questo non doveva dirlo. La schiaffeggiai forte. Non so se le feci male. Probabilmente no.
Ma rialzò la testa.
“Sei brava a insultarci”, le urlai. “Sei bravissima a giudicare! Come se avessimo scelta! Tu sei nata nelle Seicento Famiglie, vero?”
“Nelle Trecento”, sussurrò.
Scossi la testa, incredula. “Le Trecento? Sei nata nelle Trecento Famiglie e fai la regista di Kosplay? Mi prendi per scema?”
Gli occhi di Jessica rivelavano la sua età vera. Incastonati in una pelle liscia e giovanile, avevano dentro la profondità e le ferite del tempo.
“Sono la pecora nera”, disse. E poi aggiunse: “Non per le mie abitudini a letto. Se è quello che ti stai chiedendo. Non vengo da Singapore, o dall’Unitarietà. E ho una figlia più vecchia di te”.
“Non mi interessa”.
“Oh, ma dovrebbe. Perché sai, anche lei vuole fare kosplaying. Fare l’amore con te è stato uno sbaglio. Mi ha… Mi ha fatto capire cosa sta succedendo davvero. Una cosa è pensare, o meglio non pensare, con l’aiuto di qualche droga. Un’altra è stringere tra le braccia una ragazza e sentire che stai per perdere tua figlia…”
La guardai senza crederci. A bocca aperta come un pesce. Come l’orca che ha ucciso mio padre. È un pesce, vero, l’orca? Non è tipo come i delfini, che sembrano pesci ma invece sono mammiferi?
Il mio cervello balla lo zakk fra le pareti del cranio.
“Ma se anche lei fa parte delle Trecento…”
“Lo so. È assurdo. Potrebbe avere tutto. Tutto. E invece ha scelto di giocare”.
“Perché? Non capisco…”
“Potresti fermarla”.
“No che non posso! Ha compiuto da un pezzo quindici anni. È maggiorenne”.
“Puoi impedirle di giocare. O farla giocare in un ruolo tranquillo”.
“Si è venduta ad un’altra compagnia!”, gridò.
“Cazzo”.
Il braccio destro di Jessica si sollevò. Mi aspettavo di tutto. Invece la sua mano mi carezzò la spalla. Una carezza tenera. Da madre, o da amica. Non più da amante.
Quel gesto mi fece venire un groppo in gola.
“Che esperienza ha?”
“Nessuna. È carne da macello”.
“Oh. Per che compagnia ha firmato?”
“La Bandamco”.
Fischiai tra i denti.
Cazzo.
La Bandamco è una compagnia senza scrupoli. Nata da una fusione aziendale tra la Yakuza giapponese e il Soviet degli Urali, ha i più grandi teatri di posa al di fuori degli Stati Confederati e della buona vecchia Cinecittà. Dicono che ci sia la mano della Bandamco dietro il bombardamento nucleare di Old Bollywood. La Bandai ha cercato di farle guerra per le prime cinque lettere del marchio, ma dopo un migliaio di morti, fra cui il suo CEO, ha deciso di lasciar perdere.
Il presidente della Bandamcoè un vecchio politico americano, George qualcosa. Dev’essere stato tipo un presidente, quando c’erano ancora gli Stati Uniti. Adesso la bandiera a stelle e strisce, naturalmente, è proprietà della Pepsi.
La Bandamco ha un esercito di 2.000 uomini, truppe da sbarco scelte, e si dice abbia anche armi chimiche e nucleari. Chiedete pure conferma alla Bandai.
“Dove la tengono, tua figlia?”
“Pamukkale. Nel Califfato Ottomano. Hanno un campo d’addestramento, laggiù. In realtà un campo di prigionia”.
Hai altre figlie?, mi veniva da chiederle.
Questa è la donna che cinque minuti fa mi ha sodomizzata con un dito.
Ma è una madre, cazzo. Cosa ne so, io, delle madri? La mia era una Bimbominkia. Si faceva di dopa, di suma, di phol, di qualsiasi cosa venisse sfornata dai complessi orbitali della Mafia. A casa si parlava Bimbominkia.
Ricambiai la carezza. La mano mi si bagnò di lacrime.
Erano calde, erano vere. Era la cosa più vera che mi fosse scivolata addosso in tutta la mia vita.
STOP.
FINE DEL CAPITOLO.
Tornai al Kosta Kondo con l’umore sotto i tacchi.
Niente aerotaxi. Non avevo nemmeno un decimo della somma necessaria. Forse Jessica si sarebbe anche offerta di pagarmelo, ma non mi sembrava una cosa da chiedere. E lei non si era offerta di chiamarmelo.
Dopo un’ora di fila alla dogana della Zona Verde, una scarpinata di due ore lungo il corridoio umanitario che porta dal centro di Roma alla periferia. Di lì, bus a metano fino a Ostia, tre ore in piedi stretta in mezzo a un macello di gente sudata. Poi, dal terminal fortificato di Ostia, pedibus con scorta armata fino all’imbarcadero. Il mare per fortuna era tranquillo. Il traghetto era una zattera montata su un centinaio di taniche vuote. Costava un po’, ma era sempre meglio che farsi la passerella stretta e alta che collegava la terraferma con il Kondo. Non era illuminata, e di notte era meglio evitare di passarci.
Il mare non somigliava per niente a quello della finestra virtuale nel flat di Jessica. Era denso come una minestra della Mezzaluna Rossa. E puzzava. Di cose morte e di vecchie ciabatte sfondate e di speranze inculate, come diceva Vatti. Soprattutto di cose morte. Carcasse di topi galleggiavano sul liquame brodoso, con le zampette all’aria che invitavano a fare il solletico ai ventri gonfi di gas. Mi ricordavano una poesia che Malcolm, il mio primo ragazzo, mi aveva letto una volta.
Parlava di una ragazza morta annegata, dentro la quale viveva una famiglia di topolini. Mangiavano il fegato e le reni della ragazza. E lì dentro, diceva la poesia, quei topolini avevano vissuto una bella gioventù.
Malcolm X Y (Y era il cognome) sapeva un sacco di cose, sulla poesia. Se fossi stata un po’ meno oca o un po’ più interessata, chissà quante cose saprei, a quest’ora.
Bien sçay, se j’eusse estudié
Ou temps de ma jeunesse folle
Et a bonnes meurs dedié,
J’eusse maison et couche molle.
Mais quoy! je fuyoië l'escolle
Comme fait le mauvaiz enffant…
Questo per esempio, signore e signori e infinite via di mezzo, era François Villon, un’altra delle fisse di Malcolm. Io avevo un bel dirgli che la cultura non serve a niente in un mondo di merda come il nostro, e che poteva solo farti star male. Lui insisteva che anche star male è qualcosa, nel mondo vuoto in cui ci tocca vivere. Star male vuol dire reagire, prendere coscienza. Vuol dire che dentro di te c’è ancora qualcosa di vivo…
Un anno dopo vinceva un posto di terzo assistente alla Wilbur King Writing Academy di Los Alamos e ci si trasferiva in due giorni, lasciandomi un cane ChiBaw della Sony e tre mesi d’affitto da pagare.
Il padrone di casa mi abbuonò l’affitto in cambio di un bel po’ di sesso orale. Niente passera, chissà perché.
Mi chiedo come si sarebbe fatto risarcire da Malcolm, se fossi stata io a bidonarlo.
La cosa ironica è che la cattedra era quella di Letteratura Hip Hop.
E Malcolm odiava l’Hip Hop.
Mi ero tenuta il cane, finché le batterie non si erano esaurite e lui era rimasto accovacciato per l’eternità tipo quel cane giapponese che aveva perso il padrone.
Una sera, finalmente, l’ho buttato fuori dall’oblò.
Così non c’è nessun cane ad accogliermi quando entro nel mio flat sbilenco, che puzza di mare morto e di ruggine e di lenzuola sudate. Ho i pensieri che sembrano un piatto di noodles condito con l’acido. Ho giocato così tante volte, ho rischiato la vita in così tanti ruoli, che è diventato davvero tipo una specie di gioco, invece di una cosa seria. Mortalmente seria.
Ma pensare alla figlia di Jessica mi ha incasinato le sinapsi.
Mi dico che non dovrei.
Che il culo mi duole ancora per il dito di quella stronza.
Solo che stronza non è la parola giusta.
Devo sforzarmi, per trovarla.
È mamma.
Stringo fra le dita il foglietto di cartaplastica con il numero di telefono.
Lo appollottolo.
Lentamente, il foglio si stende di nuovo, sul piano del tavolino. Torna perfetto, come nuovo.
Non la chiamo subito.
Guardo il numero.
Lo leggo.
Lo rileggo al contrario.
Lo imparo a memoria.
Ma non la chiamo.
Prima mi faccio una doccia.
Quella che uso è acqua di mare filtrata. Più o meno dovrebbe essere sicura. Solo che devi stare attenta a non fartela finire tipo in bocca, o in un occhio.
Così metto una maschera da bagno, un affare dal look sadomaso che filtra l’aria e impedisce all’acqua di entrare. Poi mi laverò la faccia con acqua in bottiglia. Teoricamente è più sicura, anche se nessuno ha accesso ai dati e alle statistiche dei tribunali commerciali, per cui potrebbe essere anche solo teoria, appunto.
Che mondo di merda.
Era la frase preferita di mio padre.
Diceva che lui poteva dirlo, perché aveva conosciuto il Mondomeglio. Da bambina lo chiamavo così, Mondomeglio, come se fosse una parola sola.
Diceva che quando aveva quindici anni il mondo era meraviglioso. C’erano aerei grandi come case, e potevi salirci pagando pochissimo, e ti portavano in ogni angolo della Terra. E c’erano cose chiamate telefoni cellulari, e altre chiamate tabli o qualcosa del genere, e con quelli potevi parlare con tutto il mondo e scaricare musica e vedere film. Papà diceva che era ubriaco o stonato tutte le sere, ed era come vivere una festa che non finiva mai. Per dire, lui aveva fatto l’università, e si era quasi laureato, senza studiare mai.
Fantastico.
Solo che poi è finita.
Penso a una ragazza della mia età che sta per giocare una partita di Kosplay.
Penso alla mia prima partita. Il bionte. La musichetta allegra che accompagnava la morte del Kosplayer.
Penso alla morte della ragazza.
Sbuffando, esco dalla cabina.
C’è la fila, davanti all’unico vistavid del Kosta Kondo.
Cioè, all’unico ancora funzionante. Ce ne sarebbero altri 11, in teoria. Ma anche qui è sempre e solo teoria.
Davanti a me ci sono sette sfigati, che per qualche motivo hanno sentito il bisogno di chiamare qualcuno. Quello prima di me maneggia un foglio di carta, carta normale, così sudato che gli si sfalda in mano. Borbotta parole che sembrano formule magiche, battute di qualche commedia o dramma interiore che nessun altro conosce. Aspetta in fila e poi, quando arriva il suo turno, senza dire niente si volta e se ne va via.
Non ci vuole molto prima che la fila si riduca a quattro persone, e poi tre. Le vistavid costano un occhio.
Alla fine ne resta una sola, davanti a me. Una ragazzina magra, nervosa, con le unghie mangiate fino all’osso e l’aspetto di una che ha perso l’ultimo treno della vita. I capelli biondi e lunghi sembrano la coda di un animale morto.
Piange e si agita, mentre la faccia che appare sul piccolo monitor sorride. È un uomo pasciuto, dai lineamenti brutali. Indossa un vestito nero di sartoria, che sembra tipo una di quelle giacche che portavano i preti una volta, pieno di bottoncini luccicanti tipo madreperla. Guarda più me che la ragazzina. Il campo di inibizione del suono funziona solo a momenti, lasciandomi sentire tre parole su quattro.
Quello che sento non è per niente bello.
Le labbrucce grassotte borbottano che non sono cazzi suoi se deve vendersi un rene, sono cose che capitano, si sa che gli aborti costano, e non è stato lui a dirle che per pagarsi il Resh doveva farlo senza preserv, si sa come vanno le cose. Mica l’ha messa lui sulla strada, si sa che i buoni consigli non bastano, se una non vuole seguirli, e lui le aveva detto di vendersi il culo e la bocca, mica la figa.
“Si sa” sono le sue parole preferite, le infila a ogni frase, e hanno qualcosa di sporco, come se dicesse figa o inculare. Dice anche quelle, e più la ragazzina abbassa la testa più le parole “si sa”, la formula magica di quello stronzo, piovono su di lei, schiacciandola sempre di più. Intanto il lurido mi fissa, e si lecca anche le labbra, come se fossi tipo un dolce, o un cicciolo di carne unta.
Alzo il medio e glielo mostro. Lui strizza gli occhi come se ci vedesse male, e poi non mi guarda più e riprende la sua tirata sommergendo la ragazzina di chiacchiere che insulterebbero l’intelligenza di un topo e che a lei costano cinque buoni al minuto.
Infatti le finisce il credito. L’immagine sfarfalla e sbiadisce dallo schermo.
La ragazzina si volta, disperata.
“Scordatelo”, le faccio, prima ancora che apra bocca.
“Te lo succhio”, balbetta lei. Il che mi dà il senso di quanto fuori sia.
“Sparisci, ragazzina. E se vuoi un consiglio, c’è una Maman Sandiè al ponte quattro che l’aborto te lo fa gratis. Certo non potrai detrarlo dalle tasse, ma mi sa che tu le tasse non le paghi, vero?”
Mi fissa senza capire. Come se parlassi una lingua esotica.
Poi annuisce. Qualcosa dev’essere affondato fino al livello delle sue cellule cerebrali ancora vive.
Annuisce ancora.
“Ponte quattro”, ripete imbambolata.
“Brava. Cabina 415”.
“415”.
La sua spina dorsale sembra guizzare come un serpente nella maglietta sporca XSmall che avvolge il suo corpo magro. Scende le scale che portano al ponte quattro come se calasse in una tomba. Il che probabilmente è. Le Maman Sandiè a volte usano solo i feti per i loro riti voodoo, altre volte usano anche la madre. Chi sono io per giudicare cos’è bene e cos’è male?
Compongo il numero sulla tastiera lurida. Il godzilla glass del touchpad è graffiato. Incredibile, considerando che solo il diamante dovrebbe scalfirlo. E non ce lo vedo proprio un anello di diamanti, qui ai Kosta Kondo.
Jessica risponde quasi immediatamente.
Ha la faccia stanca. Le guance piene di pieghe come se fossero una coperta e lei ci avesse dormito dentro.
“Sei tu”. Sorride stupita.
“Ehi”, le faccio, “hai finito di frignare, culona?”
Le labbra le si stendono. Questo sì che è un sorriso.
“Non sono culona”.
“Lo so”.
“Non pensavo che avresti chiamato”.
“Pensavi che una come me non aveva i soldi per un vistavid?”
“No, io…”
“Lascia perdere. Non sai mentire. Guarda che ho poco tempo, però. C’è la fila, dietro di me”.
Tecnicamente è vero. Ci sono altre due persone che aspettano di usare l’apparecchio, o magari solo di scroccare qualche attimo di credito gratis. Capita, che uno finisca la vistavid e lasci l’apparecchio con qualche centesimo di credito per quello che viene dopo. Io non l’ho mai visto succedere, ma dicono che a volte capita. Più facile che nevichi a luglio, secondo me, ma si sa che la speranza, come si diceva, è l’ultima a morire.
“Mi sei mancata”, fa lei.
“Sì, come no”.
“Giuro. Torna da me”.
“Ci devo pensare. Invece ti volevo parlare di un’altra cosa”.
“Vieni da me”, ripete Jessica. E il tono della sua voce è così caldo che mi fa rispondere sì. “Prendi un aerotaxi. Ci sono retate, in città”.
“Non…”
“Offro io, okay?”
Normalmente sarei troppo dignitosa per accettare.
Normalmente.
Due ore dopo sono tra le sue braccia, ed è un bel modo di passare il tempo. Non mi aspettavo avesse voglia di fare l’amore, perché è chiaro che questo non è più sesso, ma è quella buona vecchia roba che ispirava i poeti e i registi di Hollywood, quella vera, the original one.
È bello, scopare con Jessica. No, non è solo bello: è di più. Perché stavolta non è solo scopare. C’è tenerezza, nelle sue mani. E anche quando mi accarezza il sedere sento che non devo più aspettarmi niente di cattivo. La crudeltà è semplicemente il modo in cui affila i suoi sentimenti, in cui li purifica dalla scorie. Fare l’amore con lei è un’esperienza che lascia il segno: dopo, quando è finito e le sue dita si fermano e il tempo riprende a scorrere, mi sento piacevolmente rotta dappertutto, con dei dolori buoni come dopo aver fatto una corsa perfetta, quasi un volo.
“Ti amo”, sussurra, e il mio orecchio arrossisce. “Non mi rispondi?”, chiede dopo un po’.
“Cosa dovrei risponderti?”
“Che mi ami”.
Alzo le spalle.
“Non l’ho mai detto a nessuno”.
“Dillo a me”.
“No. Non adesso”.
Si allontana da me. Scivola sulle lenzuola di seta, va a rannicchiarsi in un angolo del letto grande come il mio flat.
“Ho pensato”, dico.
“Pensato a cosa?”
“Come si chiama, tua figlia?”
Lei sembra turbata dalla mia domanda.
“Domizia”.
“Che nome del cavolo. Hai detto che è sotto contratto della Bandamco?”
“È così”.
“In che Kosplay la faranno giocare?”
Jessica si stringe nelle spalle.
“Company of Heroes – Verdun”.
Quelle quattro parole mi fanno rabbrividire.
In un mondo brutale come quello del Kosplaying, COHV è considerato un gioco troppo brutale. La speranza di sopravvivenza di un giocatore, stando a Radio Kospa, è di una a 30.000. Quasi come nella realtà. La battaglia di Verdun era stata forse la più terribile di quella che un tempo si chiamava prima guerra mondiale. Combattuta fra il febbraio e il dicembre del 1916, vi erano morti quasi mezzo milione di soldati. I programmatori avevano ricostruito lo scenario con una cura maniacale. L’incubo era assolutamente perfetto.
Bentornati e ...sbarrate le porte!
Ci siamo, il secondo volume della trilogia di J.L. Bourne sarà disponibile tra pochi giorni per tutti i numerosi e appassionati fan della letteratura zombies!
L'attesa è terminata...
"Sopravvivere non basta più. Se si vuole arginare la scomparsa del genere umano bisogna ricostrure una civiltà, strappando zone sicure ad un mondo ormai devastato dalla piaga Zombie" - ZOMBIE KNOWLEDGE BASE
Day by day Armageddon: Beyond Exile, titolo originale, pubblicato in America nel 2010 prosegue esattamente dal punto in cui si è interrotto il primo libro, con il misterioso narratore ed i pochi superstiti di un inimmaginabile cataclisma planetario rifugiati all'interno dell'Hotel 23.
"Seguiteli nel loro viaggio apocalittico e provate ad immaginare, anche solo per un secondo, che al loro posto potreste esserci voi..." , parola di J.L. Bourne.
310 PAGINE , una copertina come sempre accattivante e grafica curata in ogni minimo particolare su ogni pagina.
Per voi un'ANTEPRIMA DA SCARICARE, in attesa dell'imminente arrivo in libreria (previsto per la prima settimana di aprile) ed una gallery dettagliata con i particolari del nuovo volume!
Entro il 20 aprile inoltre sarà disponibile anche la versione ebook.
Con Galaxy a Cartoomics con i romanzi di Star Wars
Da oggi fino a domenica niente di meglio che fare un bel giro a Cartoomics, che inaugura la ventesima edizione con un area fantascienza di oltre mille quadrati!
Spazio allora anche al mondo di Star Wars dove non potevano mancare i nostri libri, espressione della letteratura dell'universo espanso di Guerre Stellari.
Grazie alla collaborazione dell'associazione culturale Galaxy è possibile trovare presso il loro stand (Area Fantascienza - Stand C13, padiglione 8) un vasto assortimento dei libri della serie Star Wars assieme a tanti sconti e materiali promozionali.
Tra le novità: La Regola dei Due, il secondo volume della trilogia di Darth Bane, arrivato in libreria da pochi giorni! Ricordate?
Buon fine settimana e se siete nei dintorni di Milano, non perdete questo appuntamento!
L'anteprima della settimana: GOD OF WAR II
Questa settimana inizia con un bel po' di novità, all'insegna di tanti nuovi titoli in arrivo per voi lettori amanti dei libri e dei videogiochi.
Per la nostra RASSEGNA "ANTEPRIME" oggi c'è una bella anticipazione su God Of II, il nuovo romanzo che accompagnerà l'uscita del videogioco God Of War Ascention.
Kratos, il Dio della Guerra, si mosse, gemette e stese all’infuori le braccia. Il nome della sua amata, Lisandra, si formò sulle sue labbra. Si mise seduto e guardò in giro nella piccola stanza, illuminata dalla luce del fuoco. L’odore di legno secco bruciato si diffondeva nella camera. Una coperta soffice di lana di agnello era stata posata sul letto, due calici di vino erano lì vicino. Tutto era perfetto per un momento romantico con sua moglie.
“Lisandra”, disse a voce più alta. “Dove sei?”
“Qui, amore mio. Sei tornato a casa, sei tornato da me dopo la battaglia. Mi sei mancato così tanto!”
“Mi sei mancata anche tu”, rispose Kratos, cercando tuttavia di non emozionarsi. Attraversò la stanza e la prese tra le braccia. La tenne stretta, sentì la sua vitalità, il calore del suo corpo e si eccitò per il modo in cui si muoveva sinuosamente contro i suoi muscoli.
“Promettimi che non mi lascerai mai più sola. Non posso sopportare di perderti, nemmeno per un istante”.
Kratos inspirò profondamente. Il profumo di sua moglie penetrò nelle sue narici e il suo cuore cominciò a battere velocemente. I capelli vellutati della moglie fluttuavano come una nuvola, sfiorando la guancia dell’uomo, lenendo le ferite sul suo viso al minimo tocco. Ma Kratos provò a spingerla via da sé. C’era qualcosa che non andava. Lei oppose resistenza, aveva più forza di lui.
Il suo corpo, una volta vivo, si fece freddo.
Continua a leggere l'ANTEPRIMA
Dopo l'evento di lancio del nuovo videogioco lo scorso 2 marzo, abbiamo ricevuto alcune copie del primo romanzo di God Of War autografate dagli sviluppattori, proprio da coloro che hanno animato negli Studi Di Santa Monica la furia maestosa di Kratos. Collegati alla nostra pagina FACEBOOK e scopri come ricevere la tua copia!
Il romanzo sarà disponibile dal 18 marzo in tutte le librerie ed online sui migliori e-commerce!
KRATOS E' TORNATO!
L'anteprima della settimana: Halo Silentium di Greg Bear
Terzo ed ultimo romanzo della strepitosa SAGA DEI PRECURSORI frutto del lavoro dello scrittore di fantascienza Greg Bear, arriverà in libreria in il 25 marzo!
"Questo documento è una traduzione di trentanove stringhe di dati dei Precursori, convertite in testo/audio. Sono state recuperate da due fonti: il guscio, o carapace, dei resti del Precursore #879 (“Catalog”) e un monitor danneggiato associato a un singolo “Giuridico” fossilizzato, un tipo di Precursore finora ignoto, probabilmente un funzionario legale.
Il carapace “Catalog” racchiudeva un Precursore altamente specializzato che fungeva, apparentemente, da catalogatore amplificato di dati. Il corpo deforme all’interno era quasi completamente decomposto. Non è stato fatto alcun tentativo per recuperare o riattivare il monitor o il carapace".
Continua a leggere il primo capitolo: SCARICA L'ANTEPRIMA !
In occasione dell'uscita del romanzo, lo scrittore ha rilasciato un'interessante intervista al community manager di Halo Waypoint.
Halo Universe ha ripreso e tradotto integralmente l'intervista; eccone un estratto:
Ora che il libro finale della trilogia è quasi arrivato, cosa possono aspettarsi i fan da Silentium?
"Una vera cavalcata sulle onde! Le rivelazioni abbondano ora che ci caliamo nella storia dei Precursori, le preparazioni in vista della soluzione finale rappresentata dagli Halo e il conflitto tra Ur e il suo erede, Bornstellar. Introduciamo inoltre una nuova classe di Precursori, i cronisti e investigatori conosciuti collettivamente come l’Archivio. Gli umani, sia quelli ancestrali che quelli rinati in forma precursore, giocano un ruolo chiave. E c’è il ritorno a sorpresa di uno dei nostri personaggi preferiti – ma ora stiamo dicendo troppo! Basti dire che c’è una specie di easter egg in Silentium che attende solo di essere scoperto e aperto".
STAR WARS LA REGOLA DEI DUE - L'ANTEPRIMA
"Sempre due ci sono, un maestro e un'apprendista" Cit. Yoda
"Il maestro Yoda ha svelato la sua esistenza, a Drew Karpyshyn il compito di spiegarla"
La trilogia di Darth Bane, best seller fantascienza del New York Times, scritta dal bravo Drew Karpyshyn continua con "La Regola dei Due". Il romanzo è stato pubblicato in America nel 2007 riscuotendo grandi successi tra gli appassionati di Guerre Stellari.
Perchè i Sith sono sempre solo due? DARTH BANE ha stabilito la sua regola e pare che Zannah, la giovane apprendista appena trovata, abbia uno speciale legame con il lato oscuro.
"La pace è una menzogna.
C'è solo la passione. Attraverso la forza, guadagno potere.
Attraverso il potere, guadagno la vittoria.
Attraverso la vittoria, spezzo le mie catene".
(IL CODICE DEI SITH)
LEGGI L'ANTEPRIMA IN ATTESA DEL LIBRO, disponibile dall'8 marzo in tutte le librerie, on line e sui migliori e-commerce .
Non andate lontano, la Galassia è qui.
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